limbo
s. m. [dal lat. limbus «lembo»]. – 1. a. ant. Lembo, orlo. In partic.: la parte estrema del contorno d’un astro; il bordo del cerchio graduato di uno strumento, e sim. b. In anatomia, margine, orlo di una formazione anatomica: l. sclero-corneale, la parte periferica della cornea, dove questa viene a contatto e si continua con la sclera. 2. Nella concezione teologica cattolica, il luogo e lo stato in cui si trovano dopo la vita coloro che sono morti col debito del solo peccato originale, come si è ritenuto, per es., avvenisse ai bambini morti senza il battesimo (cfr. anche i noti versi di un epigramma del Machiavelli: La notte che morì Pier Soderini, L’anima andò de l’inferno a la bocca; Gridò Pluton: – Ch’inferno? anima sciocca, Va su nel limbo fra gli altri bambini), concetto recentemente ridiscusso dalla Chiesa sulla base di nuove riflessioni teologiche. In Dante la parola è sentita ancora nel suo sign. originario di «lembo, limitare» (dell’inferno): Però che gente di molto valore Conobbi che ’n quel l. eran sospesi (Inf. IV, 44-45); da l’ora che tra noi discese Nel l. de lo ’nferno Giovenale (Purg. XXII, 13-14). Nell’uso com.: essere come un’anima del l., essere in uno stato di ansia, d’inquietudine, stare in pena, non aver pace; va’ al l.!, modo attenuato per «mandare al diavolo» qualcuno, per dirgli cioè di levarsi dai piedi.