locuzione
locuzióne s. f. [dal lat. locutio -onis, der. di locutus, part. pass. di loqui «parlare»]. – 1. ant. o raro. L’atto, e anche il modo, o la facoltà, di parlare; elocuzione. 2. a. In linguistica, gruppo di parole (che non raggiunge la completezza formale e significativa della frase) in rapporto grammaticale fra loro (come per così dire, da capo a piedi, ecc.), o soltanto giustapposte (come ubriaco fradicio, verde bottiglia), che ha una propria autonomia in seno al lessico allo stesso modo delle parole singole. Quando la locuzione è invariabile nei suoi elementi, si può giungere spesso all’unità grafica (in quanto che o inquantoché; capo d’anno e più com. capodanno, ecc.). Secondo la funzione che compiono, si distinguono nella grammatica tradizionale: locuzioni avverbiali (di proposito, alla svelta, a mano a mano, a quattr’occhi, in un batter d’occhio, ecc.); aggettivali (pieno zeppo, stanco morto, un uomo all’antica, amici per la pelle, duello all’ultimo sangue, ecc.); prepositive (invece di, in quanto a, di qua da, di là da, ecc.); congiuntive (per quanto, al fine di, così che o cosicché, nel caso che, ecc.); verbali (andar su, andar giù, venire dietro, mettere insieme, ecc.); sostantivali (macchina da scrivere, biglietto da visita, ecc.); esclamative (mamma mia!). b. letter. Modo di dire, espressione caratteristica (di un autore o di un particolare linguaggio), frase idiomatica: spesso le voci e locuzioni, le metafore e i traslati sono prosaici (Carducci); era buon parlatore e gli piacevano alcune l. militari di stile cinquecento (Bacchelli).