luogo
luògo (pop. lògo) s. m. [lat. lŏcus] (pl. -ghi; ant. anche le luògora). – 1. a. In senso ampio, una parte dello spazio, idealmente o materialmente circoscritta: Dio è in ogni l.; con limitazione simbolica: l. di salvazione, l. di purificazione, l. di pena, rispettivam. il paradiso, il purgatorio, l’inferno. b. In geometria, si definisce l. geometrico, o assol. luogo, un insieme di punti del piano o dello spazio che soddisfano a certe condizioni, che hanno cioè, tutti insieme ed essi soli, una stessa proprietà; così, per es., la circonferenza è il l. dei punti del piano aventi una stessa distanza dal centro; le isoterme sono le linee luogo dei punti della superficie terrestre che hanno temperatura uguale. c. In astronomia, la posizione che un astro ha sulla sfera celeste e che è espressa mediante le sue coordinate: l. apparente, se la determinazione delle coordinate è fatta correggendole soltanto dell’effetto della rifrazione atmosferica; l. vero, se si tien conto anche dell’aberrazione; l. medio, se si considera anche l’effetto della nutazione terrestre; in ognuno dei tre casi, poi, l. geocentrico o eliocentrico, a seconda che le coordinate siano geocentriche oppure eliocentriche; l. topocentrico (per gli oggetti celesti più vicini: Luna, pianeti, comete), se le coordinate sono riferite alla posizione dell’osservatore sulla superficie della Terra. 2. a. Parte limitata della superficie terrestre. Per la sua genericità, la parola può essere riferita di volta in volta a vaste regioni del globo o di un continente, a paesi, contrade, città, oppure a zone più ristrette di campagna o dentro centri abitati, e non di rado (con sign. affine a posto, punto) a ristrettissime porzioni di spazio sia all’aperto sia nell’interno di un edificio: viaggiare per conoscere l. nuovi; correre, spostarsi da un l. a un altro; sono l. molto frequentati dai turisti; questo è il l. dove sorgerà il nuovo mercato; non seppe spiegare la sua presenza in quel l.; gli parve di riconoscere il l.; occupare, sgombrare un l.; s’incontrarono nel l. stabilito; cercava un l. appartato per stare un po’ tranquillo; non ricordo il l. esatto del nascondiglio, ecc. Sempre con sign. generico, in diritto, l. pubblico, quello a cui chiunque può accedere senza alcuna limitazione (per es., una via o una piazza pubbliche); l. aperto al pubblico, quello a cui può accedere chiunque, ma a particolari condizioni (per es., un locale di pubblico spettacolo); l. esposto al pubblico, quello che ha un’esposizione tale che dall’esterno è possibile scorgere quanto in esso avviene (per es., una finestra aperta sulla via); luoghi della memoria, che necessitano di essere fissati stabilmente nel ricordo e conseguentemente visitati (al punto tale da apparire in molti casi vere e proprie mete di pellegrinaggio) per il loro valore storico e documentario, per il loro alto significato simbolico, per la tragicità degli eventi che richiamano (come nel caso dei Lager nazisti), ecc. Con varie determinazioni, relative alla conformazione o alla natura del terreno, all’aspetto, alle colture, alla praticabilità, alle condizioni di vita, ecc.: l. alti, bassi, montani, marittimi; l. deserti, aridi, malsani, paludosi, incolti, sterili; l. che non rendono nulla; l. solitario, remoto, abbandonato; un l. orrido, impervio; l. arioso, aprico, spazioso; è un l. ameno, delizioso, ecc. L. aperto, vasto tratto di campagna bene esposto al sole e all’aria; o la campagna in genere contrapposta all’interno della città o del paese; o, infine (in contrapp. a l. coperto o l. chiuso, con cui si indicano genericam. gli edifici), qualsiasi spazio, anche recintato, che non abbia copertura. L. forte, l. fortificato, posizione in campagna, o città, munita di fortificazioni, oppure rocca, fortezza; l. militari, zone d’interesse militare. In partic. (nel sign. di regione, contrada), l. santi, per antonomasia quelli, nella Palestina, dove nacque, visse e morì Gesù Cristo. Valore generico ha anche la parola, quando il posto si determina da ciò che in esso avviene o è avvenuto: il l. di partenza, d’arrivo, di provenienza, di destinazione (che sono per lo più paesi o città); il l. della battaglia; accorrere sul l. del disastro, della sciagura, di un incidente; recarsi sul l. del delitto (nel linguaggio burocr., recarsi sopra luogo, da cui l’espressione fare un sopralluogo, v. sopralluogo); il l. dell’azione, dove si svolge cioè un’azione drammatica (per l’unità di luogo, una delle tre unità della tragedia classica, v. unità); l. deputati, v. deputare. b. Città, paese, centro abitato: l. di nascita o l. nativo; l. di residenza; indicare la data e il l. di morte di un personaggio; l. di pubblicazione d’un libro (senza luogo, o in latino sine loco, abbreviato di solito s. l., nella descrizione bibliografica di un’opera, quando manchi in questa l’indicazione del luogo di edizione); pettegolezzi, pregiudizî tipici dei l. piccoli. Designa sempre una città o un villaggio particolari e ben determinati il sintagma del luogo usato come locuz. aggettivale in espressioni quali: le autorità del l.; i prodotti, le usanze del l.; la gente, la gioventù del l.; il patrono, la festa del l.; è anche lui del l., ecc. c. Terreno, possesso di campagna, villa, podere: fece tanto che lo menò a un suo bellissimo l. (Novellino); aveva messere Amerigo, fuor di Trapani forse un miglio, un suo molto bel l. (Boccaccio). È sign. antico, che sopravvive, però, accanto a quello di «campo», nell’uso pop. di qualche regione settentr.: attraversando i campi o, come dicon colà, i luoghi, se n’andò per viottole (Manzoni). d. Edificio, o parte di esso, destinato a determinati scopi o attività: l. di divertimento; l. di culto o l. sacro, quello che, avendo ricevuto la consacrazione o la benedizione liturgica, è destinato esclusivam. al culto divino (chiesa, cappella, altare), oppure alla sepoltura dei fedeli (cimitero, tomba); in senso più ampio, l. sacro, ogni spazio, anche aperto e naturale, a cui l’uomo, o la tradizione, abbia conferito carattere di sacralità, delimitandolo dallo spazio circostante e sottraendolo all’uso profano; l. pio, istituto di beneficenza, oppure (spec. nella forma pio l.) convento, santuario e sim.; l. di pena, carcere, penitenziario e sim.; l. comodo o l. di decenza, latrina, gabinetto. e. ant. Convento, monastero: il l. de’ frati minori in Ravenna (Boccaccio). In questa accezione, la parola è comunissima nella prima letteratura francescana: stando una volta Santo Francesco in orazione nel l. della Porziuncola ... (Fior. di s. Franc.). f. Con sign. ancor più ristretto, come sinon. di punto: il vestito era macchiato in più l.; il quadro appariva ritoccato in varî l.; anche riferito al corpo umano: disinfettare il l. della ferita; gli si formarono delle piaghe in più l. del corpo. 3. Parte dello spazio assegnata a persona o cosa: è bene che ciascuno rimanga al suo l.; ogni cosa dev’esser messa a suo l.; o lo spazio necessario a una o più persone per alloggiare, sedere e sim.: non si trovava più l. negli alberghi; non fate ressa, c’è l. per tutti; fammi un po’ di l.; bisogna dar l. anche agli altri; l’hanno messo nel l. d’onore. In tutte queste frasi è più com. posto; concorre con largo, invece, in alcune frasi in cui ha il sign. di spazio libero, spazio per muoversi: farsi luogo, aprirsi la strada, anche a forza (fig., avanzare di grado, di merito, di posizione, superando altri); fare luogo, scostarsi, allargarsi per creare uno spazio dove altri possa stare o passare: fate luogo! Con senso meno concreto: m’ha promesso di far l. al mio articolo nella rivista, di accoglierlo, di stamparlo. 4. Dal sign. precedente si sviluppano varî usi fig.: a. Posto conveniente, momento opportuno, soprattutto in partic. locuzioni: disporre le idee, le parole nel debito l.; ogni cosa va fatta a suo l.; qui trova l. la menzione del fatto, è questo il suo punto adatto; la citazione qui non cade a suo l., è inopportuna; non è qui il l. di parlarne, non è ora il momento adatto. Fuor di luogo, o fuori luogo, inopportunamente, o più spesso, con valore aggettivale, inopportuno: è intervenuto fuor di l.; la tua osservazione è fuori l.; non sarà fuor di l. rammentarti quali sono i tuoi doveri, ecc. A tempo e luogo (ant., anche a luogo e tempo), al momento opportuno: ogni cosa va fatta a tempo e l.; e analogam.: glielo dirò quando mi parrà tempo e luogo. b. Locuzioni partic., in cui spesso al senso di posto si accompagna o si sostituisce quello di occasione, opportunità, agio, possibilità e sim.: trovar luogo, trovare pace, requie, aver posa: è così inquieto che non trova l. in nessun posto; la piacevolezza sua aveva sì la sua donna presa, che ella non trovava l. né dì né notte (Boccaccio). Dare luogo, cedere il posto, far intervenire o seguire: occorre dar l. alla riflessione, alla ragione; diamo l. a più nobili argomenti; esser seguito o sostituito da: i pensieri si affacciavano angosciosi alla sua mente dileguandosi poi per dar l. ad altri più confusi; talora, semplicem., dileguarsi, scomparire (ant.): poi che tenuti ebbe gli occhi alquanto bassi e ebbe il rossor dato l. (Boccaccio); più spesso, dar motivo, dare occasione, provocare, causare: il suo contegno diede l. a sospetti; la frase è ambigua e può dar l. a equivoci; lo scandalo diede l. a un processo rimasto famoso. Avere luogo, esser fatto, avvenire, verificarsi, tenersi, compiersi e sim.: l’inaugurazione ha avuto l. con grande solennità; la riunione avrà l. giovedì prossimo; la conferenza non poté aver l. per indisposizione dell’oratore; durante la manifestazione ebbero l. alcuni incidenti; anche, essere opportuno, venire a proposito, giovare (soprattutto con la negazione): le tue osservazioni in questo caso non hanno luogo. Ant., aver luogo a qualcuno, essere utile, servire e sim.: li dugento fiorin d’oro, che l’altrier mi prestasti, non m’ebber l. (Boccaccio). Esserci luogo, esservi motivo, ragione, possibilità: c’è l. a sperare che le cose cambino in meglio. Nel linguaggio forense, luogo a procedere, motivo, fondamento per un’azione penale, nelle frasi non darsi, non farsi l. a procedere, o più spesso ellitticamente non l. a procedere, equivalenti dell’espressione più tecnica «non doversi procedere», con cui viene indicato il proscioglimento dall’azione penale. 5. Con altro sviluppo fig. dal sign. 3: a. Stato, condizione, grado d’una persona: essere in alto l. (cfr. altolocato); non dubito punto ... che tornando in Cicilia io non v’avessi ancora grandissimo l. (Boccaccio). Con valore più astratto, in alto l., fra le autorità, fra coloro che comandano, in alcune frasi per cui più comunem. è usata la forma scherz. in alto loco (v. loco2). Letter., ant., condizione sociale, origine, stirpe: era innamorato di una donzella della regina, nata di basso l. (Guicciardini); sign., questo, conforme al lat. locus di frasi come nobili o humili loco natus e sim. b. Ufficio, funzione: Quelli ch’usurpa in terra il l. mio (Dante; parla s. Pietro che allude a papa Bonifacio VIII). Quindi, essere in l. o tener l. di un altro, farne le funzioni, le veci, essere al suo posto: gli tenne l. di padre; comune spec. nella locuz. in l. di, invece di, in qualità di, come: io sono qui in l. del mio collega; venne lui in l. di suo fratello; l’ha sempre tenuto in l. di figlio. Fig., di cose: questa dichiarazione tiene l. di ricevuta (ha valore di ricevuta); in l. di ricompensa, gli diede belle parole; seguito da un infinito, per indicare azione contraria a quella che dovrebbe esser fatta o che sarebbe desiderabile (con lo stesso sign. di invece): in l. di rispondere, prese il cappello e se n’andò; in l. di giovargli, potrebbe nuocergli. c. Con numerali ordinali, indica il posto in un ordine, in una successione: in primo l., in secondo l., ecc., soprattutto nell’enumerare una serie di fatti, di argomenti, di ragioni e sim.: non l’ho fatto, in primo l. perché non ho voluto, in secondo l. perché ...; essere in primo l., essere la cosa più importante; mettere in primo l., dare la preferenza, considerare di maggiore importanza. 6. a. Passo d’un libro, d’uno scritto: antologia dei l. più belli dell’«Orlando Furioso»; ho segnato in margine i l. più notevoli della dimostrazione; l’autore accenna al fatto in più luoghi; l. controversi della «Divina Commedia»; l. oscuro, intricato; nel l. citato, o semplicem. luogo citato, e spesso in forma latina loco citato (abbreviati per lo più in l. cit., loc. cit., l. c.), formule con cui in testi di studio si fa riferimento a passi di un’opera già citati precedentemente. b. Nella retorica e nella logica, termine con cui già Aristotele (gr. τόπος) indica gli argomenti o temi generali applicabili a casi particolari di argomentazione: l. retorici; l. topici. In partic., furono detti l. comuni (lat. loci communes, gr. κοινοὶ τόποι) i principî da cui si traggono le argomentazioni e i sillogismi dialettici e che consistono in affermazioni comunemente accettate o rese particolarmente valide dall’autorità di chi le ha pronunciate. La locuz. l. comune ha poi assunto nell’uso corrente (sul modello del fr. lieu commun e dell’ingl. common place) un sign. estens.: verità generale, a tutti nota; argomento, opinione che spesso si ripete, anche a torto, e di cui s’abusa: sono i soliti l. comuni; affermazione, espressione dozzinale, o anche frase fatta: un discorso, uno scritto pieno di l. comuni. c. L. teologici, serie di fonti, prove e testimonianze su cui si basa l’argomentazione teologica intorno alla verità rivelata, distinti in l. teologici proprî (la Scrittura e la tradizione; la Chiesa, i concilî e il papa; i Padri e i teologi), e l. teologici improprî (la ragione umana, la filosofia, la storia). 7. Luogo di monte, o semplicem. luogo: nome con cui furono indicate dal medioevo in poi le varie quote o azioni in cui era diviso il capitale dei monti (v. monte nel sign. 7 a) o appartenenti ai singoli sottoscrittori di prestiti pubblici nelle associazioni destinate a trasformarsi in banchi. Per estens., significò poi anche deposito bancario. 8. In grammatica, avverbî di l., gli avverbî che indicano, con precisione o in modo indeterminato, il luogo dove un oggetto o una persona si trova, dove un fatto avviene, il luogo al quale è diretto un movimento, ecc.; tra i più comuni, qui e qua, lì e là, su, giù, vicino, lontano, sopra, sotto, davanti, dinanzi, dietro, dentro, fuori, dove e ove, donde, dovunque, oltre alle particelle atone ci, vi, ne. A essi si aggiungono gli avverbî composti e le locuz. avverbiali: quassù, quaggiù, lassù, laggiù, accanto, altrove, dirimpetto, indietro, dappertutto, per di qua, per di là, ecc. Complementi di luogo: i complementi che esprimono una relazione di luogo, e sono comunem. distinti secondo che indichino il luogo nel quale un oggetto si trova o un fatto avviene (compl. di stato in l., per es.: «vivo a Roma; il giornale è sul tavolo; rimango in casa»), il luogo che costituisce il termine d’un movimento (compl. di moto a l., per es.: «tornare a casa; andare in villeggiatura; il treno per Milano»), il luogo dal quale ha inizio un movimento (compl. di moto da l., per es.: «scendere dal monte; tornare dalla licenza»), il luogo attraverso il quale avviene un movimento (compl. di moto per l. o attraverso l., per es.: «passare per il centro; entrare attraverso la finestra»). Quando il luogo è astratto, ideale, si ha il compl. di l. figurato («essere immerso nel sonno; gettarsi alla ventura; sollevare dall’abbattimento; passare per la mente»). ◆ Anticam. fu in uso anche una forma lugo, con riduzione del dittongo uo a u (v., per questo fenomeno, l’annotazione a figliolo, e cfr. legnaiulo per legnaiuolo): l’avello sopra sé richiuso e nel lugo di Scannadio postosi (Boccaccio, Dec. IX, 1, 25). ◆ Dim. e vezz. loghétto (da cui loghettino, spreg. loghettùccio, pegg. loghettàccio) o luoghétto; dim. o spreg. logùccio o luogùccio; spreg. loghiciàttolo o luoghiciàttolo. Il dim. loghicciòlo (o luoghicciòlo, loghicciuòlo), oltre che con il sign. generico, è stato particolarm. usato nel sign. di «piccolo possesso o podere, piccolo campo» (cfr. il n. 2 c), e in quello, ant., di «piccolo convento» (cfr. il n. 2 e): giungiamo al nostro loghicciolo Santa Maria degli Angeli (Pascoli).