lupo
s. m. (f. -a) [lat. lŭpus, con svolgimento fonetico non del tutto chiaro (di fronte alle forme con -ó- ant. o dialettali: cfr. umbro lópo, tosc. ant. lóbo, ven. lóvo), forse per influsso di dialetti merid.]. – 1. a. Carnivoro della famiglia canidi, di cui si conoscono due specie: l’una, Canis rufus, si ritiene estinta allo stato selvatico; l’altra, Canis lupus (alla quale appartengono anche le varie razze canine) è diffusa in Asia, Europa (in Italia è ormai rara e limitata all’Appennino) e in America Settentrionale. Quest’ultima è la specie di maggiori dimensioni della famiglia, ha pelo folto di colore variabile dal bianco nelle regioni artiche al nero in alcune aree dell’America del Nord; vive in branchi poco numerosi caratterizzati da una struttura sociale gerarchica con un maschio e una femmina dominanti (l’unica coppia che generalmente si riproduce), mentre la caccia, soprattutto ai grandi erbivori, è operata in gruppo; estremamente adattabile, si nutre anche di piccoli mammiferi, insetti, rettili, uccelli, vegetali, e occupa una grande varietà di ambienti, dalle tundre ai deserti, dalle steppe alle foreste decidue, come pure alcune aree antropizzate. b. Il nome di lupo è dato anche a qualche altro animale, per es. al cane da pastore tedesco, detto pure l. d’Alsazia, di cui esistono due varietà: una a pelo liscio, ricco, di varia lunghezza, e una a pelo ruvido, duro; la varietà a pelo raso è nota col nome di cane lupo (pl. cani lupi). Il l. cerviero (o cerviere) è invece la lince. 2. Il lupo è tradizionalmente noto per la sua fame, per l’impeto con cui assale le greggi e fa strage di pecore: sicché è divenuto il simbolo della voracità e insieme della forza avida, della prepotenza contro l’innocenza indifesa (con questo aspetto è raffigurato in favole antiche, come, per es., Il l. e l’agnello di Esopo, e in fiabe famose, come Cappuccetto rosso; e col suo valore simbolico compare anche in similitudini del Vangelo). Frasi e locuzioni fig.: mangia come un l.; avevo una fame da l.; si gettarono sui viveri come un branco di l. affamati; e lupo, senz’altro, di persona vorace, affamata: chi può saziarli questi lupi? Con altro senso, tempo da lupi, pessimo, burrascoso (perché i lupi, nel periodo più rigido dell’inverno, spinti dal freddo e dalla fame, scendono al piano e in luoghi abitati in cerca di cibo). Andare, finire, mettersi in bocca al l., proprio nelle mani del nemico, di chi ci può facilmente danneggiare, e sim.; mandare, mettere in bocca al l., esporre a un pericolo certo, affidare persona o cosa a chi ne può indegnamente approfittare; mettere il l. nell’ovile (ant., fare il l. pecoraio), porre qualcuno in una situazione di cui può abusare a proprio vantaggio; gridare «al lupo», con riferimento a una famosa favola, chiedere aiuto per burla o quando non è realmente necessario, con la conseguenza che nel momento del vero bisogno nessuno più crederà alle invocazioni; aver provato il morso del l., tosc., aver sofferto la fame, la miseria, avere fatto esperienza delle difficoltà e dei pericoli della vita. In bocca al l.!, frase d’augurio, rivolta per antifrasi a cacciatori, a chi affronta una prova rischiosa o difficile, a chi sta per sostenere un esame, e in genere a quanti hanno bisogno dell’augurio di «buona fortuna» (la risposta tradizionale è: crepa!, o crepi il lupo!). A chi si mostra impaurito: hai veduto il l.? (e con allusione alla credenza popolare che la vista del lupo avesse potere di togliere la favella: ha veduto il l., o è stato guardato dal l., quando qualcuno per raucedine ha perso la voce; per l’origine della credenza, v. lupus in fabula). Il lupo è anche spesso invocato (e più lo era in passato) per mettere paura ai bambini o per farli star buoni: non entrare lì dentro, c’è il l.!; se sei cattivo, ti mangia il l.; ora viene il l.; guarda che chiamo il l., ecc. Tra i proverbî più noti: il l. cambia (o perde) il pelo, ma non il vizio, chi ha cattive tendenze difficilmente le perde anche col passare del tempo; chi pecora si fa, il l. se la mangia, avvertimento a non mostrarsi remissivo con i prepotenti; lupo non mangia lupo, i disonesti si sostengono l’un l’altro e non si fanno del male tra loro; la fame caccia il l. dal bosco, la necessità costringe spesso a far cose che in situazioni normali non si farebbero. Si veda anche homo homini lupus. 3. L. mannaro: nome dato popolarm. a individui affetti da una particolare sindrome delirante (v. licantropia): l’espressione risente di antiche superstizioni e tradizioni popolari riguardanti l’esistenza di esseri che si trasformerebbero in lupi (o in altri animali feroci) che uccidono e divorano le creature umane. Con senso più indeterminato, personaggio di fiabe popolari, spauracchio invocato per intimorire i bambini. In Germania assunsero il nome di lupi mannari (ted. Wehrwölfe) gli appartenenti a bande di franchi tiratori organizzatesi subito dopo l’occupazione alleata, alla fine della seconda guerra mondiale (1945). 4. L. di mare: a. Pesce commestibile, detto anche pesce lupo, dell’ordine perciformi (Anarrhicas lupus), lungo più di un metro, dotato di robustissima dentatura, che frequenta rocce e crepacci lungo le coste groenlandesi e lapponi, spingendosi fino al Mare del Nord. Lo stesso nome serve talvolta a indicare la spigola. b. Nel linguaggio corrente, è espressione assai diffusa per indicare un marinaio capace ed esperto, che abbia compiuto lunghe navigazioni in ogni mare, e sia allenato alla dura vita di bordo e alla lotta contro gli elementi. Anche, persona che col mare ha molta dimestichezza. 5. Nell’epoca velica, vela tinta di nero, che si usava (spec. sulle galee) per non essere scorti di notte o come segno di lutto. 6. Strumento di difesa usato dagli assediati nell’età romana: consisteva in grandi tenaglie con le quali si cercava di sollevare e allontanare gli arieti, le altre macchine d’assalto e le scale usate dagli assedianti. 7. Macchina accessoria nelle filature di cotone, detta anche corda-lupo o, con termine ingl., willow, simile all’apritoio, destinata a battere, aprire e pulire i cascami di cotone provenienti dalla battitura e dalla cardatura, nonché i cotoni sporchi; essa rende, perciò, ancora filabile una parte del cotone che ha già subìto delle lavorazioni. 8. In astronomia, Lupo (lat. Lupus, gr. Λύκος), costellazione del cielo australe, tra il Centauro e lo Scorpione, con stelle poco brillanti. 9. Forma italianizzata, poco com., del termine medico lupus (v.). 10. L. dei metalli (lat. degli alchimisti lupus metallorum): nome dato in passato al solfuro d’antimonio, per la sua proprietà di disciogliere, allo stato puro, molti metalli. 11. Bocca di lupo: locuz. usata con sign. diversi (v. bocca di lupo); per l’incastro a gola di lupo, detto anche a bocca di lupo, v. gola, n. 5. 12. Denti di lupo: decorazione che compare nelle ceramiche preistoriche a motivi geometrici, formata da triangoli avvicinati, oppure da una serie di linee tangenti in alto. Analogam., in paleografia, i tratti verticali aggiunti ad alcune lettere nella scrittura insulare. ◆ Dim. lupétto (v.), lupicino, letter. lupatto (con i sottodiminutivi lupattino, lupattèllo); tra dim. e accr. lupacchiòtto; pegg. lupàccio (anche fig., persona ingorda).