maanchismo
(ma-anchismo), s. m. (iron.) Il tener conto di qualcosa e del suo esatto contrario. ◆ A [Federico] De Roberto non interessava certo raccontare col suo romanzo [«I Viceré»] un caso di «ma-anchismo» ante litteram, di un voltagabbana (termine peraltro introdotto nel linguaggio nazionale alla fine della Prima Guerra Mondiale, mentre nel film lo si sente dire a metà Ottocento), ma piuttosto portare l’attenzione dei lettori sul fallimento degli ideali risorgimentali e soprattutto di quella fede nella Storia che aveva nutrito politica e letteratura dell’Italia ottocentesca. (Paolo Mereghetti, Corriere della sera, 9 novembre 2007, p. 59, Spettacoli) • È una difesa corporativa che […] deve fare i conti con il sangue versato dai poveri operai di Molfetta. Ed è anche la verifica spietata e cruda del «maanchismo» veltroniano che nelle liste del Pd vuole tenere insieme padroni e operai. (Riformista, 5 marzo 2008, p. 2) • [tit.] Il rebus voto visto dall’enigmista / Un anagramma ci svela il leader / Il soccorso di Edipo agli indecisi. In ogni nome una verità, da [Silvio] Berlusconi il «bell’inviso» al «W l’Inter? V’è altro?» che descrive il «ma-anchismo» di [Walter] Veltroni (Giornale, 29 marzo 2008, p. 10, Interni).
Derivato dall’espressione ma anche con l’aggiunta del suffisso -ismo.