madrigale
s. m. [etimo incerto]. – 1. a. Componimento poetico di origine popolare, che compare in Italia almeno dal sec. 14°, consistente all’inizio in un breve quadretto di natura campagnola e pastorale, talvolta tendente all’epigramma, con uno schema metrico fisso (due o tre terzine di endecasillabi variamente rimati seguiti da 1 distico a rima baciata o 2 a rima alternata), più tardi di tono complimentoso e galante, in endecasillabi o settenarî. b. In musica, il termine indica sia le intonazioni a due o tre voci di madrigali trecenteschi, opera di musicisti italiani attivi nel sec. 14° e che appartenevano alla corrente stilistica dell’ars nova, sia la maggior parte delle composizioni polifoniche su testi profani non strofici scritte, soprattutto in Italia, a partire dalla prima metà del sec. 16° e che erano denominate madrigali indipendentemente dalla forma metrica del testo musicato (poteva trattarsi di madrigali cinquecenteschi, di stanze di canzone o di ballata, di ottave, di sonetti, ecc.): i m. di F. Landini, di C. Monteverdi, ecc. M. spirituale, madrigale poetico o musicale d’argomento sacro o devozionale. M. concertato, madrigale musicale scritto per un organico vocale e strumentale secondo la tecnica del basso continuo e molto diffuso nei primi decennî del Seicento. 2. fig. Complimento galante, scherzoso o lezioso: si compiaceva nell’ascoltare i madrigali dei suoi ammiratori. ◆ Dim. madrigalino, madrigalétto; spreg. madrigalùccio; accr., scherz., madrigalóne.