Mafiopoli
(mafiopoli), s. f. inv. Lo scandalo della mafia. ◆ «Poi c’è il “giustizialismo”, applicato ai magistrati che non fanno i burocrati, ma indagano, si preoccupano dei risultati delle loro inchieste, intendono il controllo di legalità a 360 gradi. Se poi incrociano certi interessi, allora scatta l’accusa di “accanimento”. E se trovano qualcosa da obiettare al “giusto processo” – quasi che finora si siano celebrati solo processi ingiusti – è un “forcaiolo”. Per non parlare di chi incolpa le procure – “distratte” dalle indagini sui colletti bianchi – per l’“emergenza criminalità”: ma l’impennata delle rapine risale al 1970, quando Mafiopoli e Tangentopoli non esistevano…» [Giancarlo Caselli riportato da Marco Travaglio]. (Repubblica, 27 settembre 1999, p. 2) • A «Mafiopoli» può anche accadere che dopo il delitto di Peppino Impastato, dopo decenni di ingiustizie, dopo il sarcasmo dei padrini, dopo il processo, la condanna e la morte di don Tano Badalamenti, alla fine, si presenti un ufficiale giudiziario per sequestrare i beni lasciati dalla vittima, la pizzeria degli eredi, a loro volta condannati per aver criticato («e offeso») l’avvocato del boss. (Felice Cavallaro, Corriere della sera, 18 settembre 2004, p. 19, In primo piano) • Tangentopoli, appaltopoli, mafiopoli: il suffissoide -poli non ha più, come alla lettera dovrebbe, il significato di «città» (quello di metropoli, baraccopoli, megalopoli, tendopoli ecc.). Ma da «città» partì: Tangentopoli difatti era scritto all’origine con lettera maiuscola, quando per la prima volta si usò (1991) riferito a una città, a Milano, ai tempi dell’inchiesta chiamata Duomo Connection. Poi tangentopoli smise di designare la capitale lombarda, e cominciò (1992) a indicare corruzione e scandali: qualsiasi scandalo riguardante il pagamento di tangenti. (Gian Luigi Beccaria, Stampa, 27 maggio 2006, Tuttolibri, p. 11).
Composto dal s. f. mafia con l’aggiunta del confisso -poli2.
Già attestato nella Repubblica del 13 febbraio 1988, p. 15, Commenti (Attilio Bolzoni).