malincomico
agg. (scherz.) Che unisce tratti di malinconia a una vena di comicità. ◆ Per crescere occorre cambiare, questa è la storia. Ed è la storia che – nella seconda parte del libro [«Saltatempo»] – apre la porta a un [Stefano] Benni «malincomico», che digrada lentamente verso la più inattesa delle nostalgie, come se il narratore irriverente che idealmente abbiamo sempre visto in calzoni corti, indossasse all’improvviso l’abito grigiofumo del rimpianto. (Stampa, 27 ottobre 2001, Tuttolibri, p. 5) • A vederla sul set, verrebbe da definirla «malincomico», per usare un fortunato neologismo. «Non mi sento mai comico. Del resto, neanche [Massimo] Troisi lo era in senso stretto. Semmai sono buffo. Una via di mezzo tra una risata e un occhio lucido. [Fabio Volo intervistato da Michele Anselmi]. (Giornale, 12 novembre 2005, p. 30, Spettacoli) • Carlo [Verdone] rivisita quegli stessi personaggi – cioè il boyscout bigotto, perbenista e pedante, il professore maniaco perfezionista e persecutore, il cafone campione di volgarità: variamente distribuiti, incarnati e reincarnati nei tre film precedenti – ma li ritrova oggi. Invecchiati nell’età, e radicalizzati nei loro vizi e difetti. In un contesto storico e sociale che ha accentuato le sue cupe ombre di inquietudine, che ha estremizzato il naufragio dei valori. Ridere si ride, ma lo stampo «malincomico» – malinconia più comicità – che definiva la leggerezza di Verdone, ha subìto una brusca sterzata verso l’umorismo nero. Se non macabro. (Paolo D’Agostini, Repubblica, 7 marzo 2008, p. 63, Spettacoli).
Composto dagli agg. malin(conico) e comico.
Già attestato nel Corriere della sera del 20 dicembre 1992, p. 28, Spettacoli (Tullio Kezich, che attribuisce la coniazione del neologismo al critico cinematografico Stefano Reggiani, 1937-1989).