marcire
v. intr. [lat. marcēre] (io marcisco, tu marcisci, ecc.; aus. essere). – 1. a. Diventare marcio, detto di materia organica che si decompone: frutti che marciscono perché nessuno li mangia; cavoli, pomodori lasciati m. sul terreno; strati di foglie che marciscono nell’umidità del bosco. Per estens., della canapa (e di altre piante che necessitano di analogo trattamento), macerarsi. b. Guastarsi, diventare fradicio, e quindi disgregarsi, detto soprattutto del legname, per l’azione dell’acqua o di organismi che ne decompongono le fibre: pali, travi, infissi che marciscono, che sono tutti marciti. Talora trans., con valore causativo: l’umidità corrode e marcisce le fondamenta della capanna. c. Andare in suppurazione, di parte del corpo in cui si formi una raccolta di pus: gli stava marcendo il dito sotto l’unghia (per es., per un patereccio). 2. fig. Di persona, perdere le forze fisiche o spirituali nell’inazione, volontaria o forzata, infiacchirsi, languire, intristire: m. nell’ozio, in un letto; fu lasciato m. lunghi anni in carcere; andare, mandare a m. in un paese sperduto. Raram. riferito a cosa: né è per vecchiezza marcita, anzi oggi più che mai fiorisce la gloria del nostro nome (Boccaccio), dove marcire ha propriam. il senso di «appassire», come spesso il lat. marcēre. ◆ Part. pres. marcènte, anche come agg., lett. e poco com., in senso proprio e fig.: odor di palude e di legno marcente (Bacchelli); gl’infami avoli tuoi di tabe Marcenti e arsi di regal furore (Carducci). ◆ Part. pass. marcito, anche come agg.: carne, frutta marcita; un palo marcito.