marginale
agg. [der. di margine]. – 1. Del margine, che è al margine, che costituisce un margine: zona, area, spazio marginale. In partic.: a. Che è segnato sul margine di una pagina stampata o manoscritta: disegni, fregi m.; glosse m.; numeri m.; note m., in un libro, note stampate sui margini laterali (destro nella pagina dispari, sinistro nella pagina pari), non a piè di pagina. b. In ottica, raggi m., i raggi luminosi che, in relazione a un certo sistema ottico centrato, non si possono considerare come raggi parassiali (v. parassiale). c. In statistica, distribuzioni m., le distribuzioni delle frequenze di due caratteri associati, considerati separatamente, così dette perché, in una tabella nelle cui caselle siano riportate le frequenze dei due caratteri, le frequenze riguardanti le distribuzioni marginali si trovano ai margini. d. Nelle costruzioni navali in metallo, lamiera m. (o, assol., la marginale s. f.), lamiera longitudinale che delimita lateralmente il doppio fondo della nave collegandosi, in corrispondenza dei ginocchi e lungo ciascun fianco dello scafo, alla murata. 2. fig. a. Di cosa o fatto che, in un maggior complesso di cose o fatti, non ha peso o valore essenziale o determinante, ma accessorio, secondario: un episodio m. o d’importanza m.; questi sono aspetti m. della questione; fare delle osservazioni, delle considerazioni m.; nell’organizzazione generale dell’impresa, il suo contributo è soltanto marginale. b. Nelle scienze sociali, condizione m., quella di chi, vivendo in società industriali avanzate, specialmente nelle grandi aree urbane, e subendo gli effetti di fenomeni (detti appunto di emarginazione o di marginalizzazione) dovuti a cause diverse ma in generale connessi con le modalità dello sviluppo economico e industriale, si trova escluso dal mercato del lavoro e, quindi, dai livelli generalizzati dei consumi, con conseguente impoverimento della sua vita culturale e sociale. In antropologia culturale, gruppi m., popolazioni m., gruppi nomadi, prevalentemente di cacciatori e raccoglitori (pigmei, boscimani, aborigeni australiani), di esigua consistenza demografica, stanziati in territorî isolati e inospitali per sottrarsi al dominio dei popoli sedentarî; per analogia, nelle società industriali, gruppi di zingari nomadi che, pur vivendo in simbiosi con le popolazioni locali, preferiscono lo stanziamento temporaneo. 3. In economia, relativo a variazioni infinitesime, che s’ispira al principio marginalistico: analisi m., metodo d’indagine teorica dei fenomeni economici basato sulla considerazione delle variazioni infinitesime subite da variabili dipendenti in corrispondenza di variazioni infinitesime delle variabili indipendenti da cui dipendono (è usata soprattutto nello studio dell’equilibrio del consumatore, dei costi e della costituzione ottima delle imprese, della formazione del prezzo nelle varie forme di mercato); costo m. (v. costo1); produttività m. (v. produttività); ricavo m. (v. ricavo); spesa m. (v. spesa, n. 3 a); utilità m. (v. utilità). Con sign. diverso, impresa m., l’impresa il cui costo variabile medio minimo è uguale al prezzo di mercato e che sarebbe pertanto costretta a rinunciare a produrre qualora il prezzo diminuisse anche di poco. ◆ Avv. marginalménte, a margine, in margine: note segnate marginalmente; usato soprattutto in senso fig., in via secondaria, in modo accessorio: sono fatti, o questioni, che m’interessano solo marginalmente.