massima1
màssima1 s. f. [dal lat. maxĭma (sententia), propr. «sentenza di carattere generale»]. – 1. a. Giudizio che si trae dall’esperienza pratica e si assume come norma generale dell’agire; anche il detto, la sentenza che esprime tale giudizio: le m. degli stoici; le m. di Epittèto (raccolte da un suo discepolo nel Manuale o ’Εγχειρίδιον); le m. di F. de La Rochefoucauld (fr. Maximes, 1665); m. latine, greche, cinesi; una m. della saggezza antica; m. morali, pedagogiche. b. Nel diritto, m. giuridica, breve proposizione esplicativa di uno o più precetti giuridici; m. di una sentenza, sintesi del principio di diritto di cui è fatta applicazione nella motivazione di una sentenza (soprattutto di quelle della Cassazione): viene redatta non dal giudice che decide il processo ma da altri giuristi, che la estraggono dalla sentenza a fini di ricerca scientifica o di divulgazione o perché possa servire di guida per la decisione di casi identici o simili (v. anche massimario). 2. estens. a. Condotta pratica generalmente seguita nella consuetudine: è m. del governo non gravare il bilancio. b. Principio accettato inizialmente come norma generica, e che nell’attuazione pratica potrà avere deroghe o eccezioni: soprattutto nelle locuz. avv. in massima, di massima, in linea di massima (convenire in linea di m. che ...); un accordo di massima, sulle linee generali. Progetto di massima, nelle costruzioni edilizie e meccaniche, progetto che risulta dallo studio preliminare di un’opera (fabbricato, impianto, macchina, ecc.) dal punto di vista sia tecnico sia economico, e al quale fa seguito il progetto esecutivo (corrispondentemente si parla di disegni di massima e di preventivo di massima).