massimo
màssimo agg. e s. m. [dal lat. maxĭmus, superl. di magnus «grande»]. – Grandissimo, il più grande. Funge da superlativo di grande (come il lat. maxĭmus rispetto a magnus) e si contrappone direttamente a minimo. 1. a. Si usa, quasi sempre preceduto dall’articolo e comunque in funzione o con sign. di superl. relativo, soprattutto con nomi astratti e in locuzioni del linguaggio tecnico-scientifico: usare la m. benevolenza; provare il m. sconforto; avere il m. rispetto o il m. riguardo; tenere qualcuno nella m. considerazione; fare un lavoro con la m. diligenza; produrre il m. effetto con il minimo sforzo; stabilire le tariffe m., il m. compenso; velocità m. consentita (agli autoveicoli); il livello m. di un fiume; portata m., di un condotto, di un fiume e sim., o, con altro senso, di uno strumento di misurazione; temperatura m., la più alta raggiunta in un determinato periodo di tempo, giorno o anno (anche come s. f.: oggi la massima è stata di 30°). Nel linguaggio politico, programma m., programma inteso dai suoi sostenitori come più completo e definitivo rispetto a eventuali altri più limitati e provvisorî; più precisamente, nel socialismo, il programma fatto proprio dalle correnti dette appunto massimaliste. Nel linguaggio econ. si usano, come locuz. tra loro equivalenti o affini, m. beneficio, m. soddisfazione, m. tornaconto, m. utile, m. utilità, m. vantaggio; nel linguaggio di banca, m. scoperto, il più elevato saldo attivo presentato in un trimestre da un conto di apertura di credito acceso a un cliente, o il m. fido usufruito dal cliente; provvigione di m. scoperto, commissione pattuita nei contratti di apertura di credito, da calcolarsi a ogni chiusura del conto in misura percentuale sullo scoperto massimo presentato dal conto nel periodo considerato (generalmente il trimestre solare). In aritmetica elementare, m. comune divisore di numeri interi, il più grande dei divisori comuni di un dato insieme di numeri interi: si determina scomponendo in fattori primi i numeri dati e prendendo i soli fattori comuni, con il minore esponente; in geometria, in astronomia e in geografia, cerchio m. di una sfera, della sfera celeste, della Terra, cerchio, avente raggio uguale a quello della sfera, individuato dalla sezione della sfera con un piano passante per il suo centro. Nello sport, pesi m., una delle categorie in cui sono divisi, in base al peso, i pugili (oltre gli 86,183 kg): incontro tra pesi m.; anche come sost.: la categoria dei m.; il campione mondiale dei m.; aspirare al titolo nazionale dei m.; in passato, la stessa denominazione, ora abolita, era anche in uso per la lotta, nelle due specialità della lotta libera e della lotta greco-romana (fino a 100 kg) e per la pesistica (fino a 110 kg): in quest’ultima specialità erano inoltre previsti i m. leggeri, fino a 90 kg, e i m. pesanti, fino a 100 kg, mentre oggi è ancora prevista, per il solo pugilato, la categoria dei m. leggeri, di peso tra 79,379 kg e 86,183 kg (v. anche mediomassimo e supermassimo). Sempre nel linguaggio sport., tempo m., il massimo del tempo consentito ai partecipanti a una corsa per essere classificati tra gli arrivati al traguardo, stabilito in relazione a quello impiegato dal vincitore: arrivare fuori tempo massimo. Con sign. generico, nelle locuz. avv. al m. grado, in m. parte. b. letter. Eccelso, supremo: Chiniam la fronte al Massimo Fattor (Manzoni), a Dio; con questa accezione è più com. sommo, tranne che nelle locuz., che ricalcano le corrispondenti latine, Giove Ottimo M., pontefice massimo. 2. Sostantivato, con valore neutro, la cosa, la parte, la quantità più grande possibile: è il m. che possa fare, che mi possa chiedere, ecc.; raggiungere il m. dello stipendio, della pensione; laureato col m. dei voti e la lode; il m. della pena prevista dalla legge; essere il massimo, essere il migliore in assoluto, la cosa più auspicabile è desiderabile: quel ristorante è il m.; guadagnare bene, poter viaggiare e godersi la famiglia è il m. della vita. In agraria, legge del m., legge secondo la quale ogni elemento di fertilità può accrescersi fino a un certo limite massimo al di sopra del quale esso diviene dannoso. In matematica, m. di una funzione di una variabile reale in un dato intervallo, il valore maggiore tra quelli assunti dalla funzione in quell’intervallo, cioè, riferendosi al diagramma della funzione, il valore assunto dalla funzione in un punto di tale intervallo (punto di m. o massimante) che corrisponde all’ordinata massima; se nell’intervallo di esistenza della funzione sono individuabili più intervalli di massimo, si hanno in corrispondenza altrettanti m. relativi, il maggiore dei quali si chiama m. assoluto della funzione; m. di un insieme di numeri reali, l’estremo superiore dell’insieme, se finito e appartenente all’insieme stesso; massimi e minimi, espressione con cui si indica l’oggetto di problemi relativi all’individuazione delle grandezze massime e delle grandezze minime in un insieme di grandezze assegnato, oppure dei valori massimi e minimi assunti da una funzione o da un funzionale. In economia, problemi di massimo, o di m. edonistico, problemi che si pongono consumatori, produttori, risparmiatori, ecc., per massimizzare il beneficio a parità di spesa, di costo, di sacrificio, dalla scienza economica considerati risolti nelle posizioni di equilibrio (se impostati in senso opposto, cioè sul come procurarsi col minimo costo lo stesso beneficio, sono detti problemi di minimo). Come locuz. avv., al massimo, tutt’al più: al m. saranno stati cento; la spesa totale potrà essere di 8 o 900 euro, o al m. di 1000. ◆ Avv. massimaménte, principalmente, soprattutto: se ... il piacere è solamente o massimamente nei sogni, converrà ci determiniamo a sognare (Leopardi); ant., con valore di superlativo, in grado massimo, quindi grandemente, molto: massimamente lo amava, lo onorava.