materialismo
s. m. [dall’ingl. materialism (der. del lat. tardo materialis «materiale», attraverso il fr. matérialisme)]. – 1. Termine con il quale, già dalla fine del sec. 17°, si faceva riferimento a quelle teorie filosofiche che, negando l’esistenza di sostanze spirituali, interpretano gli eventi del mondo attenendosi alla materia come unico principio esplicativo, rinunciando quindi alla spiritualità e all’immortalità dell’anima, all’intervento provvidenzialistico divino e comunque a ogni finalismo: si parla quindi di m. atomistico con riferimento, nel pensiero antico, all’atomismo di Democrito e di Epicuro; nel pensiero moderno, elementi materialistici, già presenti in varî autori sia come ripresa dell’atomismo (Galileo, Gassendi) sia nello sviluppo del meccanicismo (Cartesio), si manifestano organicamente in Hobbes e, più compiutamente (una volta integrati con il pensiero lockiano), nel pensiero francese del sec. 18° (Condillac, Diderot, d’Holbach e La Mettrie), nel quale il materialismo si precisa nel modello dell’uomo-macchina, giungendo a considerare (con Helvétius) la vita psichica dell’uomo determinata dalle condizioni naturali e sociali. Nell’Ottocento il materialismo si specifica come reazione all’idealismo riprendendo (spec. in Feuerbach) motivi gnoseologici sensisti; in partic., m. storico, concezione filosofica elaborata da Marx e da Engels secondo la quale è il grado di sviluppo storicamente raggiunto dalle forze produttive materiali (modo di produzione e tecniche produttive) a determinare i rapporti di produzione (v. rapporto) costituenti la struttura economica della società: a tale struttura corrispondono, dipendendone, le forme della vita associata (le istituzioni politiche e le leggi, e inoltre le forme artistiche, religiose, pedagogiche, ecc.), per cui non sarebbero la coscienza o la volontà degli uomini a determinare le relazioni sociali, bensì, al contrario, queste ultime a determinare la coscienza individuale; m. dialettico, particolare elaborazione del materialismo, dovuta a Engels e poi ripresa da Lenin, la quale – pur riaffermando, con riferimento al problema conoscitivo, una posizione realista (contraria quindi sia all’empirismo sia all’idealismo kantiano) per cui si conosce «riflettendo» una realtà che esiste indipendentemente dal soggetto conoscente (teoria del rispecchiamento) – si differenzia dal meccanicismo deterministico in quanto attribuisce alla realtà naturale una dialettica intrinseca tale da spiegare gli aspetti innovatori e creativi dell’universo. 2. Nel linguaggio corrente, concezione e pratica di vita tese prevalentemente alla ricerca dei beni e dei piaceri materiali.