meno
méno avv. e agg. [lat. mĭnus, neutro (con valore avverbiale) di minor, compar. di parvus «piccolo»]. – 1. avv. a. Funge da comparativo dell’avv. poco; significa quindi più poco, in minor quantità, contrapponendosi direttamente a più. Può determinare un verbo (vorrei spendere m.; il medico mi ha ordinato di lavorare m.), un aggettivo (a quest’ora le strade sono m. affollate; l’aria si è fatta m. fredda), o un altro avverbio (da qualche tempo ci vediamo m. spesso; dovresti vestirti m. vistosamente), dei quali modifica il sign. con una funzione riduttiva rispetto alla quantità, qualità, intensità, forza, ecc. Unito con aggettivi e avverbî forma in genere il comparativo di minoranza; in tale caso (e anche quando specifica un verbo) vi è, espresso o sottinteso, un secondo termine di paragone o una proposizione comparativa: il mio disegno è m. originale del tuo; oggi fa m. caldo di ieri; stanotte ho dormito m. bene del solito; per fortuna ho aspettato m. di quanto temevo. Preceduto dall’art. determ., forma il superlativo relativo di minoranza: il m. intelligente; il m. male possibile. In posizione proclitica, può talvolta troncarsi in men: Caccianli i ciel per non esser men belli (Dante); men che mai; in meno di un’ora; in men che non si dica, ecc. Può a sua volta essere modificato da altri avv. di quantità: poco, molto, assai, tanto meno. È spesso correlato a più: si può essere più o m. tranquilli; decideremo secondo che l’affare sia più o m. vantaggioso; non m’importa che sia più o m. grande; chi più chi m., tutti hanno contribuito alle spese; e per indicare piccole differenze quantitative o qualitative: fanno tutti così, più o m.; rimane ancora un quintale di farina, poco più poco m., all’incirca, pressappoco. b. Con sign. più particolari: poco m., quasi, poco ci manca, e sim.: se non è un litro, è poco m.; talora enfatico: se non è malafede la sua, è poco m.; poco com., seguito da che non (anticam. anche direttamente dal verbo): poco m. che non ci scontravamo, cioè, mancò poco che non ci scontrassimo. Tanto m., molto m., locuz. con cui si afferma energicamente l’impossibilità di un giudizio, di un comportamento, ecc., diversi da quelli enunciati nella proposizione negativa precedente (equivalgono quindi a «certamente neppure», «con maggior diritto o ragione non ...»): se non ne hai colpa tu, tanto m. io; non l’ho fatto per tanti anni, tanto m. lo farei ora; se non hanno creduto a me, molto m. crederanno a lui. Con sign. simile, ancora m. (o m. ancora): non l’ho voluto prima, e ora lo vorrei ancora meno. Diniego ancora più reciso esprimono, in relazione con una negazione precedente, le locuz. men che meno, meno che mai: ritirarmi non voglio, e dichiararmi vinto men che meno; non mi sono mai abbassato davanti a lui, e ora m. che mai. Valore più o meno chiaramente negativo ha, per es., nelle frasi quando m. ci si pensa, quando m. te l’aspetti, quando uno m. lo vorrebbe, e sim., che equivalgono a «quando non ci si pensa affatto», «quando non te l’aspetti neppure lontanamente», «quando uno non lo vorrebbe per nulla». È usato spesso meno per no nelle proposizioni interrogative doppie e simili: sappimi dire se accetti o m.; secondo che ci siano o m. complicazioni (in altri casi analoghi, meno non può essere sostituito da no, come per es. nella frase discutere sulla legalità o m. di un provvedimento, cioè sulla legalità o illegalità). Pur conservando il sign. proprio, equivale in realtà a una negazione, meno assoluta del non (almeno in apparenza), nella formula men che seguita da un agg. o da un avv.: è stato men che educato con me (che per litote significa: «è stato proprio maleducato»); la tua venuta è men che utile (cioè, del tutto inutile); la sua condotta è men che onesta (disonesta); avendo ella ad esse men saviamente più volte gli orecchi porti (Boccaccio), con poca saggezza. Iperbolica è l’espressione m. che niente, o meno di niente, riferita a cose la cui entità è ritenuta talmente inferiore al giusto o al necessario, o così piccola in senso assoluto, da non avere alcun valore: in rapporto al lavoro che svolge, il suo compenso è m. che niente; ricòrdati che qui dentro tu conti m. di niente! c. In matematica, indica la sottrazione e si esprime col simbolo - (che ha esso stesso il nome meno, o segno meno o segno del meno): tredici meno otto è uguale a cinque (in cifre: 13-8=5, che si legge anche, correntemente, tredici meno otto uguale cinque). Analogam., nel linguaggio com.: sono due chili m. un etto; sono le nove m. cinque (minuti), frasi che equivalgono a: «manca un etto per fare due chili», «mancano 5 minuti alle ore 9». Differenza in m., la differenza tra il numero, o la quantità, di cui realmente si dispone, e il numero o la quantità maggiore che si vorrebbe o si dovrebbe avere: nella busta ci dovevano essere 300 euro e invece ho trovato una differenza in m. di 20 euro (oppure una differenza di 20 euro in m., o più semplicem. ho trovato 20 euro in m.); e così: questo mese ho riscosso 70 euro in m. rispetto al mese scorso (oppure 70 euro m. del mese scorso); ho pesato la carne e mi sono accorto che il macellaio mi ha dato 50 grammi in m. (o di meno); a causa del maltempo, il Torino ha giocato una partita in meno. Con lo stesso valore sottrattivo, in alcune locuz. del linguaggio com., contrapp. a più: il pranzo era fissato per 25 persone, ma uno più uno m. non cambia; il prezzo segnato è veramente di 82 euro, ma non staremo a discutere per dieci centesimi più dieci centesimi m.; con tutto il vino che abbiamo bevuto, bicchiere più bicchiere m. non può farci né bene né male. Lo stesso segno si usa in algebra per indicare un numero negativo: -5 («meno cinque»); analogam., l’opposto di un numero relativo n si rappresenta con il simbolo (-n) (leggi: «meno enne»). Dall’uso algebrico deriva quello di indicare con lo stesso segno, nelle indicazioni di temperatura, le temperature inferiori allo zero centigrado: il termometro segna m. quattro (-4), cioè quattro gradi sotto zero. In chimica e fisica viene attribuito il segno meno (-) all’elettrone negativo (e-); con lo stesso segno viene indicato l’elettrodo negativo negli apparecchi per l’elettrolisi (catodo) e il polo negativo nelle pile e in genere negli strumenti e apparecchi elettrici; con tanti segni meno quante sono le loro cariche venivano contrassegnati gli ioni negativi (anioni): per es., il solfato di rame (CuSO) dà luogo agli ioni Cu2+ e SO42-. d. Dal sign. matematico deriva l’uso della parola come preposizione, col valore di «salvo, tranne, eccetto, fuorché»: erano tutti presenti, m. lui; m. due o tre che sono in ritardo, gli altri sono già arrivati tutti; ho pensato io a tutto, m. che a ritirare i bagagli. e. Nelle votazioni scolastiche, sei m. (talvolta anche sei m. m.), sette m. (in numeri 6-, o 6--, 7-), per indicare un voto non pieno: ho avuto sette m. nella versione di greco, cioè un sette scarso. 2. agg. Con funzione di agg. invar. equivale in genere a «minore» (di cui è più fam., ma non può sostituirlo in tutti i casi): vorrei una camicia di m. prezzo; io ci metterei m. tempo; è meglio farlo più tardi, con m. fretta. Oppure significa «in minor numero, in quantità minore»: iersera c’era m. gente; ha m. scrupoli di noi; cerca di fare m. errori; assol., in frasi esclam.: m. chiacchiere!, m. storie! Anche posposto al sost.: io penso che la spesa sarebbe m.; Sanz’esso fora la vergogna meno (Dante). 3. a. Nella sua funzione di agg., è spesso sostantivato con valore neutro, sottintendendo per lo più un nome, che può essere, per es., denaro o sim.: io guadagno m. di te; questo mese ci hanno dato m. (o di m.); oppure prezzo: vendere, acquistare per m., cioè a un prezzo minore; potrà valere 300 euro o anche m.; credo che si possa trovare anche per m., cioè per un prezzo minore; oppure tempo: per finire il lavoro ci vorrà m. di un mese; sarà tutto pronto in m. di una settimana; ho aspettato m. di quanto pensassi; in m. di un’ora, in m. di otto giorni; in m. d’un baleno, in men che non si dica, e sim., locuzioni che equivalgono a «in un attimo, rapidamente»; o con valore più generico, che viene determinato di volta in volta dalla frase in cui è usato: dovresti mangiare m.; io mi contenterei di m., di molto m.; m. di così non gli possiamo dare; quest’anno il podere ha reso m. dell’anno scorso. b. Preceduto dall’articolo, con sign. simili o diversi: vorrei spendere il m. possibile; date le circostanze, questo è il m. che si possa fare; con la sua distrazione, questo è il m. che gli poteva capitare (cioè il minor male, il minor danno; e specificando ulteriormente: il m. male, il m. peggio); questo è il m.: aspetta di sentire il resto. Contrapposto a il più, in determinate frasi: ciò che abbiamo fatto è ancora il m., resta da fare il più, cioè, rispettivam., la parte minore e maggiore; ora che hai saputo il più, puoi indovinare il m.; il più conosce il m., modo prov. (oggi poco com.) con cui si ritorce un’accusa, un giudizio maligno: mi ha dato del fannullone: il più conosce il m. (cioè: egli lo è più di me); discorrere del più e del m., di cose leggere, indifferenti, toccando varî argomenti di poca importanza; non com., dal più al m. (con sign. non dissimile dalla locuz. più o meno, cioè all’incirca, suppergiù, e sim.): dal più al m., potrà costare duecento euro. c. Sempre con l’articolo, ma con riferimento a persone: Come dal suo maggiore è vinto il meno (Dante), il minore; al plur., i meno, la parte costituita da un minor numero di persone, la minoranza: gli oppositori per fortuna sono i m.; i più tirano i m., proverbio e titolo di un noto sonetto (1848) di G. Giusti. 4. Locuzioni: a. Di meno, con lo stesso senso del semplice meno (in funzione di avv., di agg., di sost. neutro): aiutandosi l’un l’altro si fatica di m.; bisogna parlare di m. e pensare di più; mi hai dato una carta di m.; talvolta indica sottrazione: ah, se avessi vent’anni di m.!; uno di m., espressione che fa riferimento alla diminuzione di un’unità nel numero complessivo di determinate persone o cose, e si usa talvolta in segno di sollievo o di maligna soddisfazione: se n’è voluto andare? benissimo, uno di meno! Con sign. analogo, in meno, in numero minore: noi siamo in meno (per un altro uso della locuz. in meno, v. sopra, al n. 1 c). b. Né più né m., per l’appunto, non diversamente: dovevi rispondere di no, né più né m.; parla né più né m. come se fosse lui il capo; ti sei comportato né più né m. come un mascalzone. c. M. male, esclamazione con cui si esprime la soddisfazione per cosa che si sia risolta meglio di come si pensava o temeva (equivale in genere a «poteva capitare peggio»): sono tutti salvi? m. male!; «Alla fine hanno deciso di darci una gratifica» «M. male!»; non com. in espressioni non esclamative: avendola consigliata, per il m. male, di non palesar nulla, e di starsene quieta (Manzoni). Con altra costruzione: m. male che è andata così!; m. male che ce ne siamo accorti in tempo! d. Quanto m., con lo stesso senso restrittivo di almeno, perlomeno: potremmo andare al cinema o, quanto m., fare una passeggiata. e. Senza m., senza dubbio, senza fallo, certamente: verrò senza m.; «Ci sarai anche tu?» «Senza meno». f. A m. che, a m. di, salvo che, eccetto che si avveri una determinata condizione: non lo farò, a m. che non mi preghi (o a m. d’essere pregato); temo che tutto sia perduto, a m. che non s’intervenga immediatamente; dev’essere così, a m. che non me lo sia sognato; nessuno oserebbe tentarlo, a m. d’essere pazzo. g. Per altre locuz., che si scrivono per lo più unite, cioè almeno, nemmeno, nientemeno, nientedimeno, nondimeno, nulladimeno, perlomeno, v. le singole voci. 5. Frasi particolari: a. Essere da m., essere inferiore (per capacità, merito, condizione e sim.); per lo più in frasi negative: non sono certo da m. di lui; fa ogni sforzo per non essere da m. dei suoi colleghi; versò dieci euro anche lui per non essere da m. degli altri; è sempre stata una ragazza forte, Irene, questa volta non sarà da meno (Bozzati); con sign. analogo, anche mostrarsi da m.; iron., in rapporto a qualità non lodevoli: non è certo da m. dei suoi degni compagni. b. Fare a m. di qualcuno o di qualche cosa, privarsene, farne senza: ho dovuto fare a m. di tante cose nella vita; per questa settimana bisognerà fare a m. della macchina; se ti fa male, fa’ a m. di fumare; se non puoi bere il vino, fanne a m.; iron., di cosa sgradita che bisogna accettare o sopportare per forza: ne farei assai volentieri a meno. Anche con il sign. di astenersi, trattenersi dal fare qualche cosa: non potei fare a m. di dirglielo. Meno com., nello stesso senso, con la prep. di, che si usa tuttavia correntemente in alcuni tipi di frasi: se non ci vuoi andare, fa’ di m. (cioè non ci andare); se il vino non ti piace, fa’ di m. di berlo; quantunque gli piacesse molto d’andar per le bocche degli uomini, n’avrebbe, in quella congiuntura, fatto volontieri di m. (Manzoni); o nel senso di evitare: potevi far di m. di provocarlo. c. Venire m., mancare: gli vennero m. le forze; all’ultimo momento, gli venne m. il coraggio; venire m. ai patti, all’attesa, alle promesse, alla parola data; anche, venire a cessare: ci è venuto m. il suo aiuto. Letter., venir m. a sé stesso, mancare ai doveri verso sé stesso, mostrarsi inferiore alle proprie capacità, fare cosa non degna della propria reputazione, e sim. Comune l’uso assol. venire m., svenire, perdere i sensi: a quella notizia, venne m.; venire m. per fame, per la stanchezza; Mentre che l’uno spirto questo disse, L’altro piangea; sì che di pietade I0 venni men così com’io morisse (Dante); con sign. affine, poet.: I0 sentia dentr’al cor già venir meno Gli spirti che da voi ricevon vita (Petrarca).