mensa
mènsa s. f. [dal lat. mensa]. – 1. a. La tavola a cui si mangia, e s’intende in genere la tavola apparecchiata: mettersi, sedere, essere a m., a tavola per mangiare; levarsi da mensa. Con questo sign. (ma anche con quelli b e c), la parola appartiene oggi al linguaggio scritto e ha tono alquanto solenne, alludendo per lo più a una tavola lussuosa, a un banchetto (così nelle espressioni imbandire la m., e mensa imbandita); in passato invece, e così nell’uso letter., si trova in frasi in cui oggi si dice comunem. tavola: la m. ingombra Di povere vivande (Petrarca); mettere la m., o le m., apparecchiare in tavola, portare le vivande in tavola; levare la m., o le m., sparecchiare, e quindi finire di mangiare (oggi quasi soltanto in senso fig., al levar delle m., alla fine del pranzo: al levar delle m. ci furono i brindisi). M. della fortuna, nel folclore, tavola lautamente imbandita, per superstizione, nella nuova abitazione, allo scopo di attrarvi la fortuna. b. Per metonimia, la qualità e la quantità dei cibi, soprattutto con riferimento alle abitudini del vitto: m. ricca, sontuosa, abbondante, ben fornita; una m. povera, frugale; sedere a una parca mensa. c. Il fatto stesso di mangiare, considerato nel tempo, nella sua durata: prima della m.; durante la m.; dopo la m.; la m. era rallegrata da lieti suoni. Anche considerato in sé stesso, come nella locuz. del linguaggio giur. separazione di letto e di m. (di coniugi che non dormono e non mangiano insieme), e nelle frasi fare m. insieme, far m. comune, di persone che prendono i pasti in comune contribuendo ciascuno alle spese per la sua parte. d. ant. Portata, nelle locuz. prime m., le vivande della prima parte del pasto, seconde m., quelle della seconda: impose dunque messer Geri a uno de’ suoi famigliari che per un fiasco andasse del vin di Cisti e di quello un mezzo bicchier per uomo desse alle prime m. (Boccaccio). Con altro senso, prima m., il pranzo dei padroni; seconda m., il pasto dei domestici, dei dipendenti, fatto dopo che i padroni avevano finito di mangiare. e. Usi fig.: m. eucaristica, o m. di Cristo, sacra m., m. degli angeli, l’Eucaristia; accostarsi alla m. eucaristica, comunicarsi. Poet., con allusione al cibo dello spirito: oh beati quelli pochi che seggiono a quella m. dove lo pane de li angeli si manduca (Dante), quelli cioè che si nutrono della scienza filosofica e teologica. Lett., m. di Venere, con allusione ai rapporti carnali: basterà conducerla alla m. di Venere una volta la settimana (R. Borghini). 2. Organizzazione che in una collettività provvede alla preparazione e al servizio dei pasti: m. ufficiali, m. sottufficiali; m. aziendale; m. dei ferrovieri; m. comunale, per i poveri del Comune. Per estens., il locale stesso dove si prendono i pasti collettivamente: andare alla m., mangiare alla mensa, ecc. 3. Nella liturgia cattolica, la parte superiore dell’altare, generalmente costituita da una lastra orizzontale di pietra (o di marmo) nel cui incavo centrale si trova il sepolcreto con alcune reliquie di martiri e sulla quale il sacerdote celebra il sacrificio eucaristico; ma nella letteratura cristiana antica il termine fu variamente usato anche per indicare sia l’Eucaristia stessa, sia un altare eretto sulla tomba di un martire, sia la tomba stessa. 4. Reddito, beni destinati al vitto e in genere al mantenimento, nell’espressione di diritto ecclesiastico m. vescovile, complesso dei redditi un tempo destinati al mantenimento degli ordinarî diocesani e delle curie rispettive. 5. Tavola in genere, con riferimento all’antichità romana, nella locuz. m. ponderaria (v. ponderario).