metafisico
metafìṡico agg. e s. m. [der. di metafisica] (pl. m. -ci). – 1. agg. Nel linguaggio filos., che concerne la metafisica (intesa come scienza della realtà assoluta) o è proprio di essa: problemi m.; principî m.; che poi la vita sia bene per se medesima, aspetto che tu me lo provi, con ragioni o fisiche o m. o di qualunque disciplina (Leopardi). Argomento m., prova dell’esistenza di Dio che dalla constatazione della contingenza di ciò che esiste deriva la necessità di ammettere un essere da cui il contingente dipenda: tale essere, in quanto necessario e perfetto, s’identifica con Dio. Bisogno m., aspirazione, insita nell’animo umano, verso il trascendente e l’assoluto. Punto m., locuz. con cui G. W. Leibniz indica la monade come «unità reale» o «centro di forza», che, avendo insieme la «realtà» dell’atomo fisico e l’«esattezza» del punto matematico, supera l’ambito della materialità e dell’estensione, e dunque è qualcosa di metafisico. 2. agg. a. Per estens., il termine viene riferito a ciò che è o si considera primo, supremo, universale, assoluto, necessario, eterno, infinito (in contrapp. a ciò che è o si considera particolare, relativo, contingente, transeunte, finito, derivato), o a ciò che è o si considera immateriale, soprannaturale, soprasensibile, metempirico, trascendente (in contrapp. a ciò che è o si considera fisico, naturale, materiale, empirico). b. Con senso spreg., astruso, eccessivamente astratto, arzigogolato: ragionamenti m., concetti m., sottigliezze metafisiche. 3. agg. Di espressione artistica che prescinde dalla realtà della natura, dai suoi reali rapporti e leggi per creare un’altra realtà in cui oggetti e persone rappresentate fuori del loro ambiente consueto o in accostamenti fantastici acquistano un nuovo suggestivo significato. a. Pittura m., tendenza artistica sviluppatasi tra il 1910 e il 1920, soprattutto per opera di G. De Chirico (1888-1978), il quale, influenzato dalle teorie artistiche di A. Böcklin e dalle dottrine filosofiche di A. Schopenhauer, fu iniziatore e teorico di un’arte volta a creare suggestioni fantastiche e oniriche con l’accostamento in modo apparentemente irrazionale e inspiegabile di oggetti disparati (manichini e statue solitarie in uno spazio costruito secondo le regole della prospettiva quattrocentesca, ombre nitide in piazze deserte, in un’atmosfera di statica attesa); parteciparono alle prime esperienze della pittura metafisica anche C. Carrà, A. Savinio, F. De Pisis e G. Morandi. b. Poesia m., nella letteratura inglese, genere di poesia, fiorita nella prima parte del sec. 17°, per larga parte d’ispirazione religiosa, caratterizzata da ingegnosità, concettismo, similitudini che avvicinano cose o idee tra loro lontane (ne furono principali rappresentanti J. Dryden e J. Donne). 4. s. m. (f. -a) Chi attende allo studio e alla trattazione dei problemi che sono proprî della metafisica. Per estens., e con tono deprezzativo, filosofo visionario, pensatore o studioso dedito a speculazioni astruse, ad argomentazioni troppo sottili, e sim.: senza essere un gran m., un uomo ci arriva talvolta alla prima (Manzoni). ◆ Avv. metafiṡicaménte, in modo metafisico, basandosi sulla metafisica: impostare metafisicamente un problema.