metafora
metàfora s. f. [dal lat. metaphŏra, gr. μεταϕορά, propr. «trasferimento», der. di μεταϕέρω «trasferire»]. – 1. Processo linguistico espressivo, e figura della retorica tradizionale, basato su una similitudine sottintesa, ossia su un rapporto analogico, per cui un vocabolo o una locuzione sono usati per esprimere un concetto diverso da quello che normalmente esprimono; così, per es., alla base della metafora l’ondeggiare delle spighe, è la comparazione istituita tra la distesa delle spighe e quella delle acque del mare e il conseguente trasferimento del concetto di ondeggiare dal movimento della superficie marina a quello di una distesa di spighe. Mentre in alcune espressioni metaforiche, come il timone dello stato, una grandine di pugni, il ruggire dei motori, la metafora è ancora evidente, in altre, per la grande diffusione e il lungo uso, la coscienza della similitudine originaria è ormai quasi spenta, come, per es., nelle locuz. il braccio di una lampada, la gamba del tavolino, oppure nel sost. testa, dove il sign. originario di «vaso di terracotta» sopravvive solo in qualche dialetto; le metafore di questo secondo genere sono dette anche catacresi. Tra le varie figure retoriche, la metafora rappresenta una delle forze più attive nella lingua, come mezzo di arricchimento, non solo semantico e lessicale, ma anche espressivo e stilistico: la scia argentea, iridescente che lascia il muco condensato, vivida m. della creatività poetica e linguistica, la materia umile e preziosa di cui sono fatte le nostre parole (Luigi Meneghello). 2. Per estens., ogni tipo di linguaggio figurato (come la sineddoche, la metonimia, ecc.), sinon. quindi di tropo o traslato; nella retorica tradizionale, si usa talora l’espressione metafora continuata per indicare l’allegoria. Nell’uso fam. parlare in o sotto metafora, o per metafore, parlare copertamente, con allusioni più o meno velate a fatti, cose o persone; fuor di metafora, con parole chiare, esplicitamente.