mica1
mica1 (ant. micca; ant. e settentr. miga) s. f. e avv. [lat. mīca, col sign. del sost.; per il sign. 2, cfr. l’emil. brisa, propr. «briciola», usato con lo stesso senso; analogo sviluppo semantico ha il fr. ant. mie, che è anch’esso il lat. mīca]. – 1. s. f., ant. Briciola di pane; fig., minuzzolo, minima parte di qualche cosa: I0 ho ricolte della vostra mensa [o Muse] Alcune m. da quella cadute (Boccaccio); Te con le tenui m. d’Orazio Crebbe la pallida musa del Lazio (Carducci); Non ebbi il superbo banchetto Tra quelli che aspettano al canto Le miche (Pascoli). V. anche miccino, miccichino e micolino. 2. s. f., settentr. Pezzatura di pane, corrispondente più o meno alla pagnotta di altre regioni. 3. Avv. Molto frequente, soprattutto nel linguaggio parlato, come rafforzativo di una negazione, con sign. e funzione simile a punto, affatto, minimamente, rispetto ai quali ha tuttavia un suo tono particolare, quasi a escludere l’ipotesi contraria: non è mica vero; non sono m. stato io!; non ti sarai m. offeso? Anche senza la negazione: sono cose vere, mica fantasie!; soprattutto nella locuz. mica male, usata come litote per esprimere un giudizio positivo, e spesso una compiaciuta soddisfazione o ammirazione: m. male questo spettacolo, temevo peggio; m. male questa bistecca!; m. male quella ragazza! Talora ha sign. più prossimo a certo, già (quando sono anch’essi rafforzativi di una negazione), soprattutto in correlazione con un ma: non mica un dio Selvaggio o de la plebe de gli dèi, Ma tra’ grandi e celesti il più potente (T. Tasso). Ant., né mica, neppure per un poco, neanche minimamente: mitigato, nonché spento, Né mica trovo il mio ardente desio (Petrarca). ◆ Dim. michétta (v.), nel sign. 2.