migratismo
s. m. In linguistica, forestierismo che arriva in italiano dalle lingue dei Paesi di recente immigrazione e che si riferisce in particolare a usi, cibi, pietanze, oggetti caratteristici delle terre d'origine. ♦ Alcuni migratismi sono molto noti, come kebab – da cui kebabbaro e kebabberia – e come falafel (o felafel), hummus, tabulè (o tabbulè o tabbouleh). Altri invece hanno un uso ristretto alla letteratura della migrazione, ad alcuni nuovi social network gestiti dalle seconde generazioni di immigrati e a insegne e cartelli mistilingui dei quartieri multietnici. (Licia Corbolante, Terminologiaetc.it, 22 ottobre 2018) • In analogia con gli altri elementi della serie (anglicismi, francesismi, arabismi, ispanismi ecc.), è stato infine proposto il termine migratismi, per rappresentare una classe più chiaramente autonoma da quelle già esistenti, e in particolare per segnalare la parte attiva svolta dagli stessi migranti nell’introduzione e nell’affermazione delle nuove voci, tangibile forma di trasmissione, visibilità e persistenza della cultura di appartenenza piuttosto che esteriore preziosismo lessicale. (L. Ricci, Treccani.it, 18 luglio 2019, Lingua italiana).
Derivato dalla radice migrat- di migrato, migratorio con l'aggiunta del suffisso -ismo.
Parola d'autore, coniata dalla linguista Laura Ricci (v. Neoislamismi e altri “migratismi” nei romanzi di Amara Lakhous, in “Carte di viaggio” VIII (2015), pp. 115-142).