milite
mìlite s. m. [dal lat. miles -lĭtis]. – 1. In genere, chi appartiene a una milizia. Nell’antichità romana, il legionario, il soldato a piedi; nel Basso Impero, ognuno degli appartenenti a corpi militari con compiti speciali, come, per es., coloro che costituivano la guardia di frontiera (milites limitanei), o la guardia imperiale (milites palatini). Nel medioevo, relativamente al centro giuridico e territoriale denominato castrum, erano detti milites gli appartenenti a quella parte della popolazione cittadina, costituita da vassalli (più tardi autonomi di fronte alla signoria feudale), che aveva la custodia del castello e tutti gli obblighi relativi. 2. Con l’introduzione nell’uso della parola soldato, soprattutto quando questa non indicò più esclusivam. i mercenarî, milite sopravvisse più che altro nel linguaggio letter., con tono più alto e nobile rispetto a soldato (così, per es., nell’espressione milite ignoto, con cui, dopo la prima guerra mondiale, si denominò l’anonimo combattente, nella cui salma, non identificabile, si vollero onorare tutti i caduti in guerra: monumento al m. ignoto; per ellissi, il M. ignoto). Indicò anche, nelle varie epoche, gli appartenenti a speciali corpi militari o militarizzati, come, per es., nel sec. 19° i componenti della Guardia Nazionale e, attualmente, gli appartenenti all’arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza, ecc. Durante il ventennio fascista, erano detti militi coloro che facevano parte, come gregarî, della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e delle varie sue specialità (v. milizia, n. 1 b); per alcune di queste, il nome è rimasto nell’uso anche dopo che la denominazione del corpo è stata modificata (m. forestali, m. stradali). 3. fig. Chi fa parte di una milizia ideale: i m. dell’idea, della causa (cfr. militante); ora poco com., militi di Cristo, i cristiani in genere, e particolarm. i missionarî.