minare
v. tr. [der. di mina1; cfr. il fr. miner, da cui deriva direttamente il senso fig.]. – 1. a. Praticare una mina, cioè una cavità in una roccia o in una struttura, collocandovi dentro una carica di esplosivo che, scoppiando, ne provochi l’abbattimento, il franamento o la frantumazione: m. il masso in una cava; m. un ponte, una fortezza. b. Per analogia, con riferimento agli insetti «minatori di foglie» (v. minatore, n. 3), scavare gallerie, o mine, nel parenchima delle foglie. c. Collocare e dissimulare mine in un tratto di terreno per impedire o rallentare l’avanzata del nemico: il passaggio è stato minato; anche, affondare mine in uno specchio d’acqua per formare uno sbarramento a scopo offensivo o difensivo: m. l’ingresso del porto. 2. fig. Insidiare, scalzare, cercare d’indebolire o rovinare con modi subdoli: m. la reputazione di una persona; m. le istituzioni dello stato. In partic., logorare con azione lenta e progressiva (relativamente alle condizioni fisiche, o psicofisiche, di una persona): il vizio del bere gli minò a poco a poco la salute; la sua forte fibra è stata minata da un male inesorabile. ◆ Part. pass. minato, anche come agg., soprattutto nel sign. 1 b del verbo: terreno, campo minato, zona minata, in cui siano stati interrati o deposti o mimetizzati appositi congegni contenenti una carica di esplosivo capace di esplodere per un’azione esterna ben determinata; porto minato.