mio
agg. poss. [lat. mĕus, affine a mē (ant. mēd) «me» e a mihi «a me»]. – È il possessivo che si riferisce a soggetto sing. di 1a pers. (io), così come tuo, suo, si riferiscono rispettivamente ai soggetti tu, egli (o ella). Il masch. plur. è miei; regolare è la formazione del femm. mia - mie; in alcune regioni (come la Toscana e il Lazio) si ha una forma dialettale mia per miei o mie (le terre mia), e nel fior. parlato del sec. 15° si aveva inoltre un sing. mie per mio o mia. Nell’uso pop. tosc. e roman. si ha di regola, in posizione proclitica, il troncamento: il mi’ amico, la mi’ mamma, i mi’ figlioli. Nella lingua antica, e ancora oggi in gran parte dei dialetti merid., si unisce come enclitica a nomi di parentela, assumendo la forma mo, ma, ecc.: sarei sentita da fratelmo, se io t’aprissi (Boccaccio); mogliema nol mi crederà (Boccaccio). Le relazioni e i sign. espressi da mio sono analoghi a quelli espressi dagli altri agg. poss. e perciò s’intende che, tranne i casi particolari limitati a mio, le osservazioni che seguono si possono estendere anche agli altri possessivi. 1. a. Significa in genere «di me, che appartiene a me», indicando quindi, in primo luogo, proprietà, possesso: la mia casa, i miei vestiti; questa penna è mia (talora indica solo una proprietà relativa; per es.: questa casa è mia, anche se è in affitto; ritorno al mio posto, al posto che occupo perché mi è stato assegnato). Il concetto di proprietà si estende anche a tutto ciò che fa parte del proprio essere fisico o spirituale o che ne è comunque una facoltà, una espressione, un’attività, e sim.; quindi: il mio corpo, la mia anima, il mio cuore, il mio braccio, le mie orecchie; la mia vista, il mio udito; la mia volontà, i miei pensieri, i miei sentimenti, le mie preferenze; le mie speranze, i miei ricordi, i miei dubbî, i miei sospiri; scritto di mia mano, di mio pugno; ti do la mia parola, te lo giuro sul mio onore; devo attendere al mio lavoro; ho anch’io le mie preoccupazioni. Per estens., in qualche caso, significa più propriam. «fatto (o detto, scritto, dato) da me, che procede da me» e sim.: il mio ultimo libro; hai ricevuto la mia lettera?; non ascoltò le mie parole; è rimasto turbato ai miei rimproveri; udì il mio fischio; non esegue volentieri i miei ordini. b. Molto spesso indica relazione più o meno intima col soggetto e in partic., relazione di parentela: mio padre, mia zia, i miei fratelli, la mia famiglia, i miei genitori, parenti, cugini, nonni, antenati (per l’uso dell’articolo con i nomi di parentela, v. possessivo); o rapporti d’altra natura: la mia patria, il mio paese, i miei monti; un mio amico, i miei nemici, i miei compagni di scuola; anche rapporti di dipendenza, di soggezione, di lavoro, d’affari, e sim.: la mia segretaria, i miei impiegati, i miei superiori, il mio maestro, i miei scolari; un mio socio; i miei fornitori, i miei clienti; il mio sarto, il mio medico, il mio avvocato. Spesso, insieme con la relazione di parentela, d’amicizia, di dipendenza, esprime un legame affettivo: il mio buon Mario; il mio caro discepolo; la mia bambina sta poco bene; ci verrò con la mia Giulia; piccola mia, che stai dicendo?; altre volte, indica solo una cortese o formale benevolenza: sentite, mio buon uomo, datemi retta. Con nomi di cose, può indicare attaccamento o consuetudine: dormo bene solo nel mio letto; dopo mangiato, ho bisogno della mia sigaretta; non potrei fare a meno del mio caffè tutte le mattine. c. In moltissimi casi, infine, equivale a un genitivo oggettivo: l’ha fatto per amor mio (per amore verso di me, per il fatto che mi ama); conservalo per mio ricordo (per ricordo di me, per ricordarmi). O più spesso a un genitivo soggettivo: venne alla mia partenza, al mio arrivo (quando io partii o arrivai); analogamente: il mio distacco, il mio ritorno. d. Riguardo alla collocazione, può essere anteposto o posposto al nome, secondo che si voglia o no insistere sulla proprietà o sulla distinzione da ciò che è di altri: amo la mia casa (ma: me ne torno a casa mia); presi la mia roba e me n’andai (ma: questa è roba mia!). In tutti i casi, il tono della frase è diverso: è mio amico da molti anni (ma: è amico mio, perciò trattalo bene); ci sono andato con mio figlio (ma: è figlio mio e debbo preoccuparmi della sua salute); è stata la rovina mia (più efficace che la mia rovina); faccio a modo mio (assai più com. e più energico che faccio a mio modo). Con alcuni nomi, non si usa se non posposto, senza che vi sia una vera e propria ragione: preghi per l’anima mia; in genere, si pospone in frasi enfatiche, nei vocativi, nelle invocazioni affettuose, nelle esclamazioni: è la luce degli occhi miei; anima mia!; tesoro mio!; ascoltatemi, ragazzi miei; babbo mio!, mamma mia!, Dio mio! In partic., caro mio (o caro il mio ...), per lo più ironico o freddamente confidenziale: ci vuol altro, caro mio, per riuscire; caro il mio uomo, queste sono faccende che riguardano me; tale valore può avere anche, ma non necessariamente, mio caro. 2. Ha uso sostantivato o pronominale tutte le volte che il nome, già espresso, non è ripetuto: i suoi calcoli sono meno precisi dei miei; voi mettete la vostra quota e io la mia. Con sign. particolare in frasi e locuz. nelle quali si sottintende un sostantivo più o meno determinato: i miei, s’intende sempre i genitori o parenti (vado a trovare i miei; ho ricevuto notizie dai miei); quando riceverai questa mia (sottint. lettera); ho diritto anch’io di dire la mia (opinione); dite la vostra che ho detto la mia (è una delle formule con cui spesso si concludono le fiabe, e s’intende novella o sim.); è, sta, tiene dalla mia, non ho nessuno dalla mia (dalla mia parte, a favor mio, per sostenermi, o sim.); purtroppo, ho avuto anch’io le mie (disavventure, disgrazie, amarezze); da giovane, le mie le ho fatte (le mie scappatelle e sim.). 3. Come sost. con valore neutro, il mio, i miei averi, i miei beni, ciò che io possiedo, che appartiene a me o che mi spetta di diritto: mi hanno rubato tutto il mio; chiedo soltanto il mio; non voglio rimetterci del mio; ciò che spendo, lo spendo del mio; se gli ho regalato qualcosa, gli ho regalato del mio; mi contento del mio, di ciò che ho. In alcune frasi, contrapposto a tuo, sta a indicare il diritto di proprietà: non facciamo ora questioni di mio e di tuo; in quei tempi, non esisteva né mio né tuo. Preceduto dalla prep. di, ha valore più generico: qui ormai non c’è rimasto nulla di mio, niente che m’appartenga; vorrei mettere qualche cosa di mio nell’articolo, qualche cosa di originale, di personale; è un’opera in cui non c’è nulla di mio, alla quale non ho dato nessun apporto; per quanto indagassero, non hanno potuto scoprire nulla di mio, nulla che rivelasse una mia presenza o partecipazione, che costituisse un indizio contro di me, ecc.