mobilita
mobilità s. f. [dal lat. mobilĭtas -atis]. – 1. Condizione di ciò che è mobile; attitudine, capacità e facilità a muoversi, a spostarsi (contrapp. a immobilità oppure a fissità, rigidezza); reparti armati caratterizzati da grande m. per i mezzi celeri di cui dispongono. Con varî usi tecnici: a. In medicina, soprattutto con riferimento alle articolazioni, il termine, generalm. seguito da un aggettivo, indica la capacità che il segmento articolato ha di compiere i movimenti: m. normale; m. ridotta, in affezioni articolari di origine infettiva o degenerativa (sinoviti, artriti, artrosi, reumatismi in genere); m. eccessiva, in caso di lussazioni. b. In fisica e in chimica, m. delle cariche elettriche (ioni ed elettroni), in un certo mezzo, la velocità raggiunta in regime stazionario dalle particelle cariche quando si muovono in quel mezzo sotto l’azione di un campo elettrico di intensità unitaria; analogam., m. elettroforetica, in un certo mezzo, la velocità di migrazione delle micelle di una soluzione colloidale sotto l’azione di un campo elettrico di intensità unitaria quando alle forze elettriche che determinano lo spostamento fanno equilibrio le forze resistenti viscose del mezzo. c. Nella tecnica dei trasporti, indice di m., il rapporto tra il numero totale degli spostamenti effettuati in un anno nell’ambito di una città dai suoi abitanti e il numero degli abitanti della città stessa. 2. In usi estens. e fig.: a. Capacità di esprimere, con i rapidi mutamenti della fisionomia, varî stati d’animo: m. d’espressione, di lineamenti; m. del volto; vivacità, espressività: m. degli occhi, dello sguardo. b. Con riferimento più astratto, prontezza, vivezza: m. d’ingegno; m. della fantasia; anche, incostanza, instabilità, volubilità: m. di carattere; nella ... m. dei tuoi sentimenti, trovi buono quel che ieri era insoffribile (Carducci). 3. a. Nel linguaggio econ. e sindacale, m. del lavoro, possibilità di spostamento dei lavoratori all’interno di un sistema economico da un’attività produttiva a un’altra che richiede una preparazione professionale dello stesso grado (m. orizzontale) e anche da un livello di inquadramento ad uno superiore o, meno spesso, inferiore (m. verticale); quando tale spostamento avviene da un’azienda a un’altra, si parla di m. interaziendale, se invece si realizza all’interno della medesima azienda si parla di m. intraziendale. La mobilità può avvenire tra aree geografiche (m. geografica) o all’interno di ciascuna di esse, e può essere determinata sia da variazioni nella struttura salariale sia da altre motivazioni di carattere non monetario (migliori condizioni di lavoro, importanti mutamenti nella situazione economica generale, come concentrazioni di imprese, ristrutturazioni, creazione di nuovi centri industriali, ecc.). Alla mobilità del lavoro, in generale, contribuisce l’avvicendamento del personale detto anche, con espressione ingl., turnover (v.). La locuz. in mobilità, con funzione di agg. o di avv., si riferisce a lavoratore che, per le difficili condizioni dell’azienda in cui opera, corre il rischio di essere licenziato e viene quindi tenuto a disposizione in vista di possibili trasferimenti o anche in vista di essere impiegato per lavori di utilità sociale: lavoratore in m.; mettere qualcuno in mobilità. Lista di m., lista dei lavoratori esposti al rischio di licenziamento. b. Con sign. affine, in sociologia, m. sociale, movimento di gruppi o di individui da una posizione sociale a un’altra, che può comportare un mutamento nella posizione di classe (m. verticale) o non comportarlo (m. orizzontale). c. Sempre nel linguaggio econ., m. dei fattori di produzione, possibilità per un fattore della produzione, sia esso capitale, terra o lavoro, di essere trasferito da un impiego a un altro o da un’area geografica a un’altra.