mutazione
mutazióne (ant. mutagióne) s. f. [lat. mutatio -onis; l’introduzione del termine nel sign. 4 è dovuta al biologo oland. H. de Vries (1901): v. mutazionismo]. – Atto, effetto del mutare, del mutarsi; cambiamento, variazione: lieve, profonda m.; ci sarà qualche m. nel programma stabilito; m. delle penne, della voce, muta. In senso generico è meno com. di mutamento; ha, invece, alcuni usi proprî nel linguaggio tecn. e scient., e cioè: 1. In musica: a. Nell’antica solmisazione, il passaggio da un esacordo a un altro. b. Il cambiamento di posizione, cioè del modo con cui la mano sinistra si colloca sulle corde per trarne i suoni, nella tecnica esecutiva degli strumenti ad arco; anche, negli strumenti a coulisse (per es., il trombone), lo spostamento della coulisse con il quale si determina la variazione della colonna d’aria che vibra. c. Nella fuga, la modificazione intervallare che interviene talvolta nella risposta al fine di evitare la modulazione verso altre tonalità. 2. Nella struttura metrica della ballata e della canzone, ciascuno dei due gruppi di versi, uguali per numero (2 o 3), disposizione e rime, che nella ballata precedono la volta e nella canzone la sirima. 3. In linguistica, termine con cui è di solito tradotto, in alternanza con rotazione, il ted. Lautverschiebung (v.), per indicare i mutamenti subiti dal consonantismo delle lingue germaniche sia rispetto alle altre lingue indoeuropee sia rispetto al germanico più antico. 4. a. In biologia, il fenomeno di variazione che si verifica nel genotipo di un individuo o a livello di un singolo gene (m. genica) o nella struttura dei cromosomi (m. cromosomica) o nel numero dei cromosomi (m. genomica): tale variazione è trasmissibile alle generazioni successive solo se si verifica nel nucleo dei gameti (m. germinale); quando riguarda invece cellule somatiche (m. somatica), i suoi effetti si riscontrano solo nelle linee cellulari in cui si è verificata. Frequenza di mutazione, la frequenza con la quale si verificano mutazioni per un particolare gene; è espressa generalm. come numero di mutazioni per gamete e per generazione. Per la m. puntiforme e la m. polare, v. ai rispettivi aggettivi (v. fig. a p. 514). b. In botanica, m. gemmaria, la modificazione dei normali caratteri fenotipici che si può verificare negli elementi originatisi da una gemma (per es., foglie e fiori). ◆ Dim. mutazioncèlla (solo nel sign. generico).