nardo
s. m. [dal lat. nardus o nardum, gr. νάρδος o νάρδον, voce di origine orientale]. – 1. Sostanza profumata, di origine orientale, forse ottenuta dall’olio della lavanda, in uso tra gli antichi: Erba né biado in sua vita non pasce, Ma sol d’incenso lagrime e d’amomo, E nardo e mirra son l’ultime fasce (Dante, con riferimento alla fenice, sul fondamento di Ovidio, Met. XV, 395 e segg.). 2. a. In botanica, genere di piante graminacee comprendente la sola specie Nardus stricta, caratterizzata da cespi molto compatti perché le foglie glaucescenti sono serrate alla base e divergenti ad angolo retto nella parte superiore; il nardo vive su suoli acidi, di solito oltre i 1000 m d’altezza. b. Nell’uso comune, nome dato a varie piante odorose, molto diverse tra loro, tra cui principalmente le varie lavande coltivate e in partic. lo spigo (del genere Lavandula), detto anche n. comune, n. italiano, spigonardo; inoltre, n. selvatico (lat. scient. Asarum europaeum), l’asaro; n. sottile (lat. scient. Nardus stricta), il cervino; n. celtico (lat. scient. Valeriana celtica), erba perenne che cresce nel piano montano delle Alpi, le cui radici si usano quali antispastiche e febbrifughe, e per la preparazione di profumi; n. frastagliato, piccola erba anch’essa delle valerianacee (Centranthus calcitrapa), con foglie pennato-partite, che cresce in luoghi aridi della regione mediterranea.