naufragio
naufràgio s. m. [dal lat. naufragium, comp. di navis «nave» e tema di frangĕre «rompere»]. – 1. Sommersione o perdita totale di una nave per grave avaria del suo scafo, dovuta all’azione degli elementi naturali, a urto contro un ostacolo o a collisione con altra nave, a incendio o altra causa di forza maggiore (se conseguente ad azione bellica, si parla più comunem. di affondamento): fare n.; subire, evitare un n.; solo pochi superstiti scamparono al terribile n.; relitto di (o del) n., lo scafo o i resti dello scafo abbandonati dai naufraghi; carta di n. (o carta di localizzazione dei naufraghi), carta sulla quale i soccorritori delimitano la zona di probabile esistenza dei superstiti, tenuto conto della posizione della nave naufragata e dei dati relativi al vento e alle correnti che possono aver determinato la deriva e lo scarroccio delle imbarcazioni di salvataggio; diritto di n. (lat. ius naufragii), diritto, invalso nel medioevo e non più vigente, di occupazione sulle cose dei naufraghi. Per analogia, è detto n. (o n. aereo) il sinistro aereo, quando l’aeromobile perduto cada in mare. 2. fig. Rovina totale, fallimento di un’impresa, attività e sim.: n. di una riforma, di una politica, di un piano di sviluppo economico; gli ultimi avvenimenti segnarono il n. di tutti i suoi progetti. 3. Nel linguaggio filos., termine con cui talora si rende in italiano il ted. Scheitern (tradotto anche con scacco), con cui lo psicologo e filosofo ted. K. Jaspers (1883-1969) esprime l’esperienza dell’impossibilità per l’uomo di superare le «situazioni-limite» (per es., non poter vivere senza lotta e dolore, essere destinato alla morte, ecc.).