ne1
ne1 ‹né› avv. e pron. [lat. inde «di lì»]. – 1. a. Come avv. di moto da luogo, di lì, da quel luogo: ne ripartì l’indomani; se ne andò tutto adirato; entrato nel labirinto non era più capace d’uscirne; e in senso fig., ne è uscito con onore, ha superato onorevolmente una situazione difficile. Talvolta con valore pronominale, da ciò, da quello, da questo, soprattutto in dipendenza da verbi che indicano derivazione, conseguenza: una volta dimostrato che io ho ragione, ne segue che voi avete torto; speriamo in un risultato positivo, ne verrebbe un bene per tutti; non saprei trarne altra conseguenza. b. Con valore più chiaramente pronominale, di ciò, di questo, di quello, in funzione di complementi diversi: non ne vedo la necessità; ne parlerò ai nostri soci; non saprei cosa farne; che cosa vuoi che ne faccia?; cercherò di farne a meno; assai frequente in luogo di un genitivo partitivo: mi piacciono questi dolci, vorrei prenderne ancora; non ce ne sono più; non ne vedo altre; e con valore indeterminato in frasi ellittiche: farne di tutti i colori; chi più ne ha più ne metta; soprattutto in connessione con altro pronome: gliene disse (sottint. di insulti), gliene diede (botte, legnate); Gliene diè cento, e non sentì le diece (Dante, di Ercole che uccise Caco colpendolo ripetutamente con la sua clava). 2. In alcune locuz. verbali, la particella ne ha solo valore intensivo; così andarsene, venirsene non significano sempre «andar via» o «venir via da un luogo», ma indicano spesso un particolare modo di andare e venire: se ne veniva bel bello; Segando se ne va l’antica prora De l’acqua più che non suol con altrui (Dante); Vassen volando sanza muover penne (Poliziano); e analogamente: se ne sta seduto con le mani in mano; se ne vive là tutta sola. Con sign. particolari: non te ne voglio, non ti serbo rancore, non ti voglio male; ne va della vita, c’è pericolo della vita; e con altra costruzione: non fate schiamazzi: ne va ... ne va la vita! (Manzoni). ◆ Nella sua doppia funzione, di pron. e avv., la particella ne è sempre atona, proclitica al verbo nella maggior parte dei casi, o posposta come enclitica a ecco (vuoi un po’ di noci? eccone una dozzina), o a verbi di modo infinito, a participî, gerundî, imperativi (anche in congiunzione con forme atone di altri pronomi): andarsene; partitone; prendendone; vattene; si antepone di regola all’imperativo negativo: non te ne andare. Nell’uso ant. si posponeva anche a verbi di modo finito: andòssene, ecc. Unendosi a forme verbali terminanti con vocale tonica (tronche o monosillabe che siano), subisce il rafforzamento sintattico: andonne, vanne. Quando forma gruppo con altri pron. atoni si pospone: me ne vado; se ne va; con gli (nella forma glie) si scrive per lo più in una sola parola: gliene; nell’uso ant. si trovano in grafia unita anche le forme mene, sene, tene, in posizione proclitica (oggi comuni solo in posizione enclitica).