negozio
negòzio s. m. [dal lat. negotium «attività, occupazione, affare, traffico», comp. di nec «né» e otium «ozio, inazione, riposo dall’attività e dagli affari»]. – 1. a. letter. Attività, occupazione in genere: Chi dietro a ‘iura’ ... Sen giva, e chi seguendo sacerdozio, ... E chi rubare, e chi civil n. (Dante); gli uomini si rimuovano dai negozi della vita il più che si possa (Leopardi); tu mi torni ancora in campo con quell’infamità del nome, cognome e negozio! (Manzoni). b. Affare, soprattutto inteso come accordo tra due o più persone riguardo al passaggio di beni, merci, ecc.: fare, concludere un buon n., un cattivo negozio. Per estens., in locuzioni scherz. o fam., oggi non più in uso, con il sign. generico di faccenda: che n. è questo?, bel negozio!, e sim.; anche, talvolta, di oggetti concreti che non si sappia o non si voglia indicare col loro nome (più o meno come affare). c. Nel diritto, n. giuridico, atto mediante il quale il privato è autorizzato dall’ordinamento giuridico a regolare interessi individuali nei rapporti con altri soggetti: n. unilaterali, quelli che nascono dalla volontà di un soggetto (per es., il testamento); n. bilaterali o plurilaterali, quelli che nascono dall’incontro di volontà di due o più soggetti (come, per es., il contratto o la delega). d. ant. Incarico, incombenza: Et ad un altro suo diede negozio D’affrettar Rodomonte e Mandricardo (Ariosto). 2. Nell’uso com., locale, generalmente a pianterreno e aperto sulla pubblica via, dove vengono esposte e vendute merci (spesso sinon. di bottega, che oggi è di uso più raro che in passato): un n. di calzature, di stoffe, di dolci; n. ampio, ben fornito, ben avviato; aprire, chiudere il n.; e con riferimento all’attività che vi si svolge: aprire, gestire, esercire un negozio. Negozî a catena (dall’ingl. chain stores), o più comunem. catena di negozî, serie di negozî dello stesso tipo, collegati tra loro da un’unica direzione. ◆ Dim. negoziétto; spreg. negoziùccio; accr., raro, negozióne; pegg. negoziàccio.