domicìdio s. m. La distruzione deliberata e sistematica di case, palazzi e infrastrutture civili in un insediamento abitato, in una città o in una zona circoscritta. | In senso ristretto e attenuato, la negazione del diritto all’abitazione. ◆ Forse avrete sentito parlare del concetto di domicidio: è definibile come l’annichilimento fisico, psicologico e sociale di persone in assoluta difficoltà economica causato dalla negazione del diritto all’abitazione. In altre parole – anch’esse povere, per rimanere in tema – è il lasciare vivere per strada, e lì consumarsi, gli homeless, i clochard, i senzatetto. I barboni. Brutta parola questa, ma appunto rende meglio la bruttezza di questo tipo di vita. Non c’è pistola fumante nel domicidio. C’è qualcosa di più simile per lentezza alla goccia cinese (soprattutto se, nelle notti di pioggia, un riparo di fortuna non è ben coperto). L’omissione permanente della società civile del compimento dei propri doveri genera questo fenomeno. Qualche volta però il domicidio non è cagionato da un’omissione della società ma, viceversa, dall’azione della burocrazia. In questo caso si può parlare di domicidio legale: la legge applicata per annientare chi non ha nulla, nemmeno un quattro mura e un tetto. (Gabriele Dallara, Blawb.it, 13 gennaio 2022) • Può essere interessante ricordare che nella letteratura specialistica sul tema delle dislocazioni, si ritrova una parola come domicide (Porteous, Smith, 2001), ossia, con una libera traduzione, “domicidio” o “casacidio”, la cui valenza è chiaramente connessa all’uccisione della domesticità e dei molteplici sensi connessi alla casa come spazio fisico e luogo dell’anima. (Pietro Saitta, Amministrazioni locali e linguaggio del rischio. Cornici discorsive e azioni nel risanamento di Messina, in «Cartografie sociali. Rivista di sociologia e scienze umane», n° 7, p. 48, Mimesis-Suor Orsola University Press, 2022) • I relatori speciali dell’Onu ricordano che «Solo nel mese di gennaio 2023, secondo quanto riferito, le autorità israeliane hanno demolito 132 strutture palestinesi in 38 comunità nella Cisgiordania occupata, comprese 34 strutture residenziali e 15 finanziate da donatori. Questa cifra rappresenta un aumento del 135% rispetto allo stesso periodo del 2022 e include 5 demolizioni punitive. La demolizione sistematica delle case palestinesi, la costruzione di insediamenti israeliani illegali e la negazione sistematica dei permessi di costruzione ai palestinesi nella Cisgiordania occupata equivalgono a “domicidio”». (Greenreport.it, 14 febbraio 2023, Geopolitica) • Case sventrate dalle bombe: per gli occhi sono solo macerie, per il cuore di chi le abitava sono la tomba in cui seppellire ricordi, sogni e paure. La vita. È la disperazione raccontata per immagini dai reportage di guerra che continuano ad arrivare da Gaza. Uno spaccato del dolore e della violenza sofferta dalla popolazione civile a cui corrisponde una parola moderna, domicidio, che deriva dal latino “domus”, che significa casa, e “cide”, che significa uccisione deliberata. Alle Nazioni Unite discutono la necessità di classificare il domicidio di massa come un crimine contro l’umanità. (Angela Napoletano, Avvenire.it, 21 dicembre 2023, Mondo) • Potrebbe essere una nuova parola dell'anno anche se a fare memoria e a conoscere la storia non è affatto nuova: Domicidio. È quando in un conflitto si rade al suolo una città rendendo quel posto un territorio inabitabile per lungo tempo, non salvando infrastrutture nè palazzi residenziale. È accaduto con il bombardamento di Dresda nella Seconda Guerra Mondiale, in quello di Amburgo quando la città venne rasa al suolo dagli Alleati con la precisa intenzione di colpire i civili, come la docuserie inglese La Seconda Guerra Mondiale - Voci dal Fronte (su Netflix). Oggi accade con Gaza e prima ancora era successo a Mariupol (anche qui c'è un documentario, nella shortlist degli Oscar, che lo mostra drammaticamente bene), prima ancora ad Aleppo in Siria. (Ansa.it, 8 gennaio 2024, Società e diritti).
Ricalca l’ing. domicide, a sua volta formato a partire dal latino domus (‘casa, abitazione’) con l’aggiunta del confisso -cide (‘-cidio’). In ingl. la parola è attestata a partire dal 2001, anno di pubblicazione del saggio di Douglas Porteous e Sandra E. Smith Domicide: The Global Destruction Of Home, McGill-Queen's University Press.
Rimonta al 13 ottobre 2020 un’attestazione di domicidio sul sito amatoriale Inuovivespri.it, in un articolo senza firma, intitolato «Il mistero dei giganteschi roghi che, fino all’età del bronzo, incendiavano le case». Vi si racconta che i residui vetrificati rinvenuti negli anni Quaranta di un secolo indeterminato sarebbero «le tracce di ciò che ora si chiama convenzionalmente “domicidio”». Il giorno dopo, l’articolo è stato riprodotto integralmente, sempre senza firma, su Italiaoggi.it