iperoggetto s. m. Oggetto o evento le cui enormi dimensioni spaziali e temporali, congiunte alla pluralità di forme con cui si manifesta, lo rendono non direttamente esperibile come unicità concreta (l’esempio tipico è il riscaldamento globale o, più in generale, il cambiamento climatico). ♦ Scritto in uno stile magnetico, ondivago e sottilmente lisergico, Iperoggetti è un testo che, come ha notato McKenzie Wark, riesce a tenersi a metà strada tra teoria e poesia, in un visionario connubio tra speculazione filosofica, riflessione ecologista e illuminanti incursioni nel mondo delle arti e delle scienze. Col termine «iperoggetti» Timothy Morton designa entità di una tale dimensione spaziale e temporale da incrinare la nostra stessa idea di cosa un «oggetto» sia. L’esempio più drammatico è senza dubbio il riscaldamento globale, che a sua volta costringe l’essere umano a prendere coscienza che «non c’è un fuori» e che la nostra esistenza si svolge di fatto all’interno di una continua serie di iperoggetti. (scheda editoriale, Neroeditions.com, 2018) • Per l’Area X, si era parlato molto, come ha fatto Gianluca Didino su Prismo, degli iperoggetti di Timothy Morton. Gli iperoggetti sono quei fenomeni plurali così estesi, nello spazio e nel tempo, da risultare al di là della nostra capacità di comprenderli. È un iperoggetto il riscaldamento globale: possiamo vederne alcune manifestazioni: le piogge acide, l’innalzamento del livello dei mari, ma non possiamo esperirlo come un oggetto finito e concreto, che può essere localizzato e osservato. Anche perché sono viscosi; si situano tra l’individuo e l’ambiente; sono dentro e fuori di noi, dunque ne facciamo parte. Essere all’interno di questi fenomeni comporta la parzialità del nostro punto di vista; facciamo parte di un sistema di cause complesse, ma lo vediamo dall’interno; non c’è una reale distanza tra l’oggetto osservato e gli osservatori e non siamo in grado di percepirne l’entità. (Gianluca Catalfamo, Libraio.it, 1° marzo 2018, D'autore) • Morton ama le idee intrecciate, il loop, per esempio: abbiamo detto che l’iperoggetto ci porta necessariamente a immaginare il mondo in mano al non-umano, ma come ce ne accorgiamo? Grazie agli strumenti che abbiamo costruito noi stessi, grazie alla stessa tecnologia che ci ha portato a intossicare il pianeta. Abbiamo preso una montagna di numeri, di per sé alieni da noi, e gli abbiamo dato vita con la filosofia, con il pensiero, e li abbiamo chiamati “cambiamento climatico”. Non è la fine, però, avvisa Morton: è “un altro inizio della storia”: tutto quello che resta è abituarsi, insomma, conviverci. (Niccolò Porcelluzzi, Esquire.com, 26 giugno 2018, Cultura) • Lo smartphone è un evidente iperoggetto, o forse chi lo usa e non se ne stacca è l’oggetto di un iperoggetto che l’ha invaso e colonizzato. L’iperoggetto è “così penetrante da riorganizzare la nostra struttura interiore” rubandoci l’esistenza. Gli iperoggetti sono “viscosi”, dice Morton, “si attaccano alle entità con le quali entrano in rapporto”. Quell’uomo in treno si era attaccato al suo cellulare, il cellulare si era attaccato al suo uomo. Due iperoggetti. Chi sceglie cosa? Dov’è la libertà, dove la libera scelta, il libero uso di un mezzo in vista di un fine? (Alfonso Berardinelli, Foglio.it, 13 aprile 2019, Cultura) • Terra e pandemia. Argomento di struggente attualità. Ciò che abbiamo provato in questi mesi è senza dubbio un’esperienza nuova per la nostra società, soprattutto per il modo in cui avevamo concepito i ritmi delle nostre vite e del mondo. La pandemia è, per usare un concetto coniato dal filosofo Timothy Morton, quello che potremmo definire un “iperoggetto”. L’iperoggetto designa entità di una tale dimensione spaziale e temporale da incrinare la nostra stessa idea di cosa sia un “oggetto”. Le sue caratteristiche principali sono la “viscosità” e la “non-località”. L’iperoggetto è in pratica qui e altrove, siamo tutti immersi in esso ma non riusciamo a toccarlo con mano, ne percepiamo la grandezza, ma anche l’infinita piccolezza. È un qualcosa che avvolge tutto ciò che ci circonda. (Gabriele Baldaccini, Mediacritica.it, 23 dicembre 2020) • il cambiamento climatico e la crisi pandemica ci mettono drammaticamente di fronte a fenomeni troppo grandi, complessi e diffusi per essere colti dal singolo individuo: il filosofo Timothy Morton li definisce iperoggetti. Essere esposti agli iperoggetti, come siamo quotidianamente, genera ansia, stress ma anche la necessità di nuovi linguaggi e nuovi modi di raccontare. Nuovi modi che esplorano in Medusa, un libro che nasce da una fortunata newsletter, Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi. (Domani.it, 15 ottobre 2021, Ambiente).
Dall’ingl. hyperobject, termine coniato dal filosofo inglese Timothy Morton nel suo saggio intitolato Hyperobjects: Philosophy and Ecology after the End of the World (University of Minnesota Press, 2013), tradotto in italiano come Iperoggetti (Nero Editions, 2018; traduz. di Vincenzo Santarcangelo).