n-word (N-Word, N-word) s, f, inv. Eufemismo sostitutivo dell’ingl. nigger e, in ogni altra lingua, del termine corrispondente (in it. negro). ◆ Nell'America del primo presidente nero c'è voluto un editore di Montgomery, Alabama, la città in cui negli anni Cinquanta un pastore chiamato Martin Luther King piantò i semi della rivolta black, per cancellare dopo 126 anni quella parola nei libri del grande Mark Twain: «negro». Ma la sostituzione della «N-word», l'impronunciabile parola con la N, con quella che invece descrive una situazione oggettiva, cioè «schiavo», ha scatenato l'ovvia polemica. Che senso ha correggere un capolavoro? (Angelo Aquaro, Repubblica, 6 gennaio 2011, p. 40, Cultura) • New York. In America la parola “nigger” può suscitare una guerriglia urbana o essere liquidata con una risata, è indicibile o perfettamente normale a seconda del contesto, nella sua variante pop – “nigga” – può essere usata come un termine neutro per apostrofare un amico, alla stregua di “bro” o “fella”, ma la circostanza e il tono devono essere appropriati. Tutto dipende da chi la pronuncia, qual è il sottotesto, quale l’intenzione. Il rapper Kanye West ai concerti invita il pubblico, bianchi compresi, a cantare a piena voce i testi densi di “nigga” e altre varianti che all’interno della comunità afroamericana sono perfettamente accettate. Ma in generale la parola è talmente carica di significati razzisti ed evoca un passato a tal punto intollerabile che è stata espunta da ogni forma di comunicazione ufficiale. Il vocabolario risciacquato nel puritano senso di colpa l’ha ridotta a “N-word”, accanto alla “F-word” e ad altre parole indicibili indentificate soltanto con l’iniziale. Qualche anno fa hanno persino censurato il termine “nigger” dalla nuova edizione di “Huckleberry Finn”, calpestando senza troppi pensieri il contesto storico in cui l’opera è stata scritta e un minimo senso della licenza artistica. Non essendo un rapper nero, Mark Twain non può usare il termine “negro”. (Foglio.it, 11 novembre 2014, Articoli) • Come suggerito da Kuti, non c’è sempre una diretta connessione tra n-word e razzismo. Spesso l’emulazione, o peggio ancora l’ignoranza, portano questa parola nei dizionari dei rapper svuotata di ogni significato. Questo però non toglie responsabilità: l’ignoranza è una scusante entro certi limiti. L’utilizzo della n-word è un retaggio razzista e dispregiativo (fatico a credere che qualcuno non lo sappia) che porta dentro sé il sangue del popolo nero estirpato dalla propria terra madre per utilizzo e beneficio del popolo bianco conquistatore. La n-word non è solo un’espressione razzista fine a se stessa, come spesso ci raccontiamo qui in Italia, ma un resoconto vivo dell’orrore della diaspora e del colonialismo. È un peso psicologico di cui noi bianchi non abbiamo alcuna idea. Per questo non abbiamo diritto ad usare quella parola, nemmeno a scopo emulativo di una cultura che, comunque, non conosciamo e non tentiamo di conoscere, né tantomeno proviamo a supportare. (Mattia Barro, Rolling Stone.it, 6 giugno 2020, Musica) • Cos’è la N-Word? Sostanzialmente un insulto razzista, una parola dispregiativa e un vocabolo che non va mai utilizzato in nessun contesto. Il termine N-Word è usato online ed è l’acronimo che sostituisce la parola più utilizzata al mondo per intendere una persona dalla carnagione scura. • L’N-Word è tornata tristemente alla ribalta dopo essere stata utilizzata da Fausto Leali all’interno del GF VIP 2020, nei confronti di Enock Barwuah ma è solo l’ultimo di una serie di esempi all’interno del mondo reale e online dove spesso appaiono parole e termini non propriamente consoni. La parola n**ro è un insulto razzista, su questo non ci piove: va condannata e bandita da qualsiasi vocabolario appartenente a una società civile. (Matteo Novelli, Money.it, 21 settembre 2020, Attualità) • «Ma nemmeno se la uso come esempio?» No. «Nemmeno se mi scappa, senza cattiveria?» Assolutamente no. «Neanche se sto riportando il discorso di qualcun altro?». No e no. La n-word non si dovrebbe usare in nessun contesto, ma questo messaggio (specie in Italia) sembra difficile da recepire dato che sono ancora molte le persone bianche che la usano senza farsi troppi problemi. Questo fatto che non si possa dire, poi, fa indispettire chi urla alla "dittatura del politicamente corretto" (che di certo in Italia non possiamo dire che esista, visti gli applausi contro il ddl Zan) denunciando l'ingiustizia per cui «non si può più dire niente». E così c'è chi si impunta e la usa tanto per provocare, come fanno i bambini con le parolacce. La questione, però, è piuttosto seria e viene da chiedersi: perché continuare a difendere l'uso di una parola chiaramente violenta e razzista? Perché continuare a banalizzare il problema invece di ascoltare chi è direttamente coinvolto? (Elisabetta Moro, Cosmopolitan.com, 22 novembre 2021, Lifecoach) • Oggi viene usata – oltre che dalle persone razziste – da parte degli afroamericani in un’ottica di riappropriazione, ma è molto malvisto che venga scritta o pronunciata dalle persone bianche: per questo nel parlato viene indicata con l’eufemismo “N-word”, “parola che comincia con la N”, e nello scritto può essere censurata usando degli asterischi. Non è più usata nemmeno “negro” (pronuncia “nigro”), a lungo adottata da attivisti per i diritti civili come W.E.B. Du Bois e Martin Luther King in senso neutro, prima di essere sostituita da “black”, “nero”. Se fino agli anni Ottanta il corrispettivo italiano della “N-word” era usato in libri e giornali con un significato neutro che non risultava stridente a redattori e giornalisti, ed era scelto anche per tradurre molti “black” nei romanzi americani, oggi il suo uso all’interno di testi pubblicati contemporanei è quasi sempre legato all’accezione offensiva. Ad esempio, può essere citata in articoli di cronaca che danno conto di insulti razzisti ricevuti da qualcuno. (Ludovica Lugli, Post.it, 1° aprile 2022, Libri).
Voce ingl. (propriamente ‘parola che comincia con la lettera N’), attestata per la prima volta in ingl. nel 1985 secondo merriam-webster.com