Nakba (nakba) s. f. Nome con cui, nella storiografia araba contemporanea, si indica l’esodo forzato di circa 700.000 arabi palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana del 1948 e della guerra civile che la precedette. ◆ Il discorso di Arafat era molto atteso: ad ascoltare il presidente nella sua più importante uscita politica da quando ha lasciato il bunker di Ramallah, i membri del Parlamento autonomo dell'Anp, riuniti per ricordare la cosiddetta "Nakba", la "Giornata della Grande Catastrofe" che nel 1948 vide almeno 700mila palestinesi lasciare da profughi le proprie case mentre nasceva lo Stato d'Israele. (Repubblica.it, 15 maggio 2002, Esteri) • Nel 60esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele – la Nakba, il giorno della catastrofe per i palestinesi – un missile lanciato da Gaza si è abbattuto su un centro commerciale di Ashkelon, ferendo una decina di persone tra cui una bambina di 6 anni. (Ennio Caretto, Corriere della sera, 15 maggio 2008, p. 18, Esteri) • La chiamano la seconda Nakba, la fuga dal campo profughi che ha sostituito la Palestina. Yarmouk si è svuotato: in quattro anni di guerra civile il 90% dei 160mila residenti è scappato da guerra e fame. In queste settimane, dopo l’offensiva nell’Isis, la lotta strada per strada tra combattenti palestinesi e miliziani islamisti, la stampa è tornata a volgere lo sguardo a Yarmouk. Ma dove sono finiti tutti gli altri? Dove è oggi il 90% di Yarmouk? Alle prese con una nuova Nakba, la catastrofe del popolo palestinese, come viene chiamata l’espulsione da parte delle forze sioniste nel 1948 di 850mila abitanti della Palestina storica. (Chiara Cruciati, Manifesto.it, 25 aprile 2015, Internazionale) • L’ordine di evacuazione dato venerdì da Israele alla popolazione del nord della Striscia di Gaza ha provocato reazioni molto forti tra i palestinesi, e non solo per l’impossibilità per molti di lasciare le proprie case in un momento in cui nella Striscia ci sono condizioni umanitarie catastrofiche. L’ordine ha anche ricordato quello che viene considerato l’evento più traumatico per i palestinesi: cioè la “Nakba”, “catastrofe” in arabo. Con questo termine ci si riferisce a quello che successe prima e durante la guerra che Israele combatté nel 1948 con diversi paesi arabi, quando circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case. La guerra fu poi vinta da Israele. (Post.it, 16 ottobre 2023, Mondo) • Nel giorno in cui ricorre il 76esimo anniversario della Nakba palestinese, gli abitanti di Gaza temono più che mai di star vivendo una seconda "catastrofe" nel silenzio generale, con centinaia di migliaia di persone in fuga dai quartieri orientali di Rafah assediati dall'esercito israeliano dopo aver già subito evacuazione dopo evacuazione. Il 15 maggio i palestinesi ricordano lo sfollamento forzato da parte delle forze israeliane di almeno 750mila palestinesi che vivevano nei territori assegnati loro dall'Onu nella partizione del 1947 ma occupati da Israele durante la prima guerra arabo-israeliana. (Michele Morsa, Euronews.com, 15 maggio 2024, Mondo).
Dalla locuz. ar. al-Nakba (‘il giorno della catastrofe’).
Già attestato nel quotidiano «L’Unità» del 5 aprile 1992, p. 12 (Nel mondo), in una lettera a firma di U. Caffai, J. Cingoli, T. Levi, A. Luzzatto: «Per Arminio Savioli, il "trionfo del progetto sionista” doveva costituire necessariamente una "nakba" (catastrofe) per gli arabi. Questo equivale a dire che nessun compromesso era storicamente possibile, e che in definitiva anche il compromesso che si profila oggi è una ingiustizia storica, che si deve accettare, ma resta un'ingiustizia».