pizzo di Stato loc. s.le m. (spreg.) L’imposizione fiscale pubblica interpretata come una forma di taglieggiamento mafioso. ◆ [tit.] Il «pizzo» di Stato [testo] Nuove tasse, imposte e contributi vengono ideati ogni giorno, senza alcuna giustificazione o con giustificazioni grottesche: sappiamo tutti che li si inventa esclusivamente perché allo Stato servono soldi, ma non bisogna credere che l'illogicità e la mancanza d'ogni corrispettivo, l'impoverimento, la fatica e l'ansia a cui vengono sottoposti i cittadini non siano avvertiti come una soperchieria, una prepotenza. Il sentimento d'essere vittime d'una sopraffazione è aggravato dal fatto che ben pochi si schierano dalla parte dei contribuenti o mostrano almeno di comprenderne le tremende difficoltà: al contrario, nell'establishment quasi tutti accolgono ogni nuova tassa festosamente, come una prova di virtù politica, di fermezza economica e di buon governo. A questo punto, molti non vedono grande differenza tra alcune tasse e il «pizzo» criminale. (Lietta Tornabuoni, Stampa, 27 maggio 1993, p. 2) • [il lettore Ezio Pelino] Tutto il mio apprezzamento per l'operazione Cortina. Spero che sia l'inizio di un contrasto rigoroso e costante all'evasione. Tre piaghe ci affliggono: mafia, corruzione, evasione fiscale. Spero che un governo di tecnici, non impastoiati con la politica del malaffare e delle clientele, assesti un colpo ristabilendo equità e legge. [Corrado Augias] Interessante è stata la "qualità" delle obiezioni. La più sconclusionata credo sia del deputato (Pdl) Stracquadanio: "Le tasse sono un pizzo di Stato". Domanda: come potremmo pagare a Stracquadanio le sue indennità, se non ci fossero le tasse? Altro commento notevole: "C'era bisogno di tutto quel teatro? Bastava controllare i tabulati". Usciamo da anni in cui il presidente del Consiglio in persona (!) ripeteva che le tasse sono una rapina. Andava sottolineato con vigore anche teatrale il cambiamento (speriamo duraturo) ad uso interno ed esterno, cioè verso l'Europa. (Corrado Augias, Repubblica.it, 10 gennaio 2012, Rubriche) • «La lotta all’evasione si fa davvero dove sta l’evasione, le big company, le banche e non il piccolo commerciante a cui vai a chiedere il pizzo di Stato», ha detto la presidente del Consiglio Meloni, superando anche Berlusconi. Dal palco di Catania, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale, ha scelto una formula scioccante, in una città, in una regione, dove il «pizzo» è un male assoluto ben noto. (Stefano Iannaccone, EditorialeDomani.it, 27 maggio 2023, Italia) • Ecco perché – di fronte al rinnovato auspicio di Salvini di una «pace fiscale» vendicatrice di «milioni di italiani tenuti in ostaggio» dal Fisco, così come in precedenza di fronte all’infelice comizio della premier Giorgia Meloni sul «pizzo di Stato» dell’Agenzia delle Entrate – la cecità più rimarchevole non è la pur colossale contraddizione di un governo che ha appena approvato l’attività del Fisco attraverso la riconferma del suo direttore. È invece la cecità che non fa più vedere alle persone, anche e soprattutto a quelle che alla «pace fiscale» magari plaudono, quanto già sia costato loro nelle precedenti versioni «un sistema perverso che si autoalimenta»: quello nel quale, riassume la Corte dei Conti, «più i contribuenti sono consapevoli di una sostanziale impunità, più si allarga la platea degli evasori, più il sistema dei condoni priva di risorse indispensabili e costringe a tagli alla spesa Regioni, Province e Comuni». (Luigi Ferrarella, Corriere della sera, 17 luglio 2023, p. 26).
Composto dal s. m. pizzo, dalla prep. di e dal s. m. Stato.