power dressing (power-dressing) loc. s.le m. Modo di abbigliarsi conforme a uno stile formale, di solito caratterizzato da costosi vestiti confezionati su misura, scelto per sottolineare l’importanza del proprio ruolo e del proprio potere nel mondo degli affari e della politica. ◆ Una università americana ha proposto il vademecum, il breviario, la carta dei doveri, l’agenda, la tavola delle leggi per il «power-dressing» ovvero il suggerimento molto, ma molto preciso – quasi un ordine – intorno al modo di abbigliarsi per il potere. Necessario a avere e tenere ben stretto il potere. Allora. Per far carriera, le donne non devono apparire seducenti, attraenti. Macché. Via le fogge troppo femminili: volants, pizzi, trine e trasparenze di chiffon comprese. (Letizia Paolozzi, Unità, 11 aprile 1997, p. 9, L'una e l'altro) • La borsa genera, a seconda della forma – enorme, piccola, con o senza manici, a tracolla o a bisaccia – una serie di pose e di movenze che parlano dei tempi meglio di un trattato di costume; dice moltissimo di una donna, di come si vede e di come vuole che il mondo la veda. La Lockit con i manici della signora Lagarde, per arrivare al punto, parla di una donna decisa, per nulla frou frou, che prende la situazione in mano, mostrando i proverbiali attributi. Altro che frivolezza: questo è nuovo power dressing. (Repubblica, 13 febbraio 2012, p. 32, Affari e Finanza) • L'attrice Melanie Griffith è solo l'ultima delle pentite che, dopo averle provate tutte nella sfida contro il tempo, a 59 anni rivorrebbe indietro la sua faccia. L'ex donna in carriera, icona anni Ottanta del power dressing, in un'intervista al magazine Porter ammette: «Purtroppo ho deciso di smettere quando ormai le persone mi dicevano: "Mio Dio, ma cosa hai fatto?". In futuro mi auguro di sembrare più normale». (Maria Egizia Fiaschetti, Corriere della sera, 7 aprile 2017, p. 25, Cronaca) • Fu John T. Molloy a coniare e rendere universale, nel 1975, il termine power dressing, e mai come in questi ultimi anni abbiamo visto donne che dello storytelling dell’abito hanno fatto un’arte, ridando peso culturale e politico al gesto del vestirsi. Per fare un po’ di storia: era il giugno 2008 quando il New York Times titolava She dresses to win!, dove she stava per Michelle Obama che, da lì a qualche mese, sarebbe diventata la nuova first lady degli Stati Uniti d’America. Michelle Obama ci ha insegnato che si potevano usare gli abiti come messaggio diplomatico (omaggiando uno stilista del Paese in cui era in visita ogni volta: Missoni in Italia per Expo, Vera Wang in Cina, Peren by Thornton Bregazzi, e Mary Katrantzou a Londra); come messaggio politico (dichiarata preferenza per Narciso Rodriguez, omosessuale, sposato dal 2013 con un uomo e figlio di immigrati cubani); e come dichiarazione di emancipazione femminile: nel suo primo discorso natalizio da first lady, indossò il wrap dress che Diane Von Fürstenberg ridisegnò nel 1972 (Elsa Schiaparelli, inventrice del rosa shocking, ne aveva già creato uno negli anni Trenta) ispirata, disse lei, dal divorzio e dall’entusiasmo figlio della nuova libertà sessuale… (Manuela Mimosa Ravasio, Rewriters.it, 2 febbraio 2021, blog La verità dell'apparenza) • [D] Passando a un argomento più frivolo – ma forse non troppo visto che è parte importante della comunicazione, anche di quella politica – tu credi nel cosiddetto “power dressing”? [R] Allora, se sapessi che cos’è, ti potrei rispondere! Scherzi a parte, le mie scelte di abbigliamento dipendono sicuramente dalla situazione in cui mi trovo. A volte sono anticonvenzionale, altre volte più formale. In generale dico sì ai colori e ai consigli di un’armocromista, Enrica Chicchio. (Federico Chiara, intervistando Elly Schlein, Vogue.it, 25 aprile 2023, News).
Espressione ingl. che vale letteralmente ‘il potere’ (power) ‘di [nel] vestirsi’ (dressing).