slayare v, intr. Nel linguaggio dei social media, fare un ottimo lavoro, realizzare una performance molto soddisfacente, usato in modo impressivo in una dimensione colloquiale. ◆ E poi ci sono “Slay” (mutuato dallo slang d’oltreoceano, che letteralmente significa “uccidere” ma che per la GenZ è un complimento e vuol dire “Bravo, hai fatto un buon lavoro!”), “Bro” (diminutivo di “brother, fratello”, usato per dire “amico stretto”), “Amo” (contrazione di “amore”, utilizzato però soprattutto dalle ragazze con le migliori amiche). (Stampa, 17 ottobre 2022, Cronaca) • Se gli Skibidi vi lasciano perplessi, se non sapete cosa significa GYAT, e che “slayare” non è più cool, è perché non siete Alpha. Nell’ultimo anno, la Generazione Alpha ha fatto sentire la sua voce online, attraverso la creazione di contenuti sulle diverse piattaforme social e la partecipazione attiva a discussioni e dibattiti. Nonostante la giovane età, la Generazione Alpha si sta ritagliando un ruolo nel mondo del lavoro, sia come forza lavoro in miniatura sia come agente di cambiamento per il futuro. (Lucia Antista, Informazionesenzafiltro.it, 10 aprile 2024, Generazioni) • Tra i momenti cult di BigMama al Concertone il commento al torso nudo di Leo Gassman: “Ed eccoci. Grande Leo pronto per la doccia già nudo con la cuffietta”. Ha invitato, a sorpresa, Noemi a twerkare. Ha salutato i fan in prima fila dicendo col labiale “viva la fi*a”, poi la frase iconica “scusatemi per le spalle, ringraziatemi per il culo” e, infine, il commento alla performance di Noemi: “Noemiiii, hai servito, hai slayato, hai mangiato questo palco, mia madre”. (Fatto Quotidiano.it, 2 maggio 2024, FQ Magazine/Televisione) • Emma è “La madre”, è arrivata qua a RADIO ITALIA LIVE – IL CONCERTO “per servire” e “ha slayato” anche durante le prove. Questo slang tipico della Generazione Z lo padroneggia tanto bene quanto le sue canzoni, per ultima “Femme Fatale” che le è “costata” un concerto dei Club Dogo al Forum. (Radio Italia.it, 14 maggio 2024, Intervista).
Voce ibrida che adatta il v. ingl. (to) slay (propriam. ‘uccidere, trucidare’) con il suffisso verbale it. -are, per formare un verbo che nel gergo dei social media si risemantizza per esprimere con forza l’idea dell’aver fatto benissimo qualcosa; è testimoniato soprattutto nella forma del passato prossimo (hai slayato ‘hai spaccato’). Anche il verbo ingl. originario, (to) slay, può essere usato gergalmente come esclamazione apprezzativa, in ingl. come in it., come si legge in questo commento: «Beh, so che non è una novità. In effetti, a questo punto "slay" è praticamente vintage. Ma sta rinascendo e questa volta non solo come verbo, ma anche come aggettivo. "She slayed that" = l’ha fatto alla perfezione. "That’s so slay" = è fantastico/bello. Questo funziona anche come un complimento a sé stante: "Slay!" = “stupendo!”». (Sonja, Ef-Italia.it, 2023, Go Blog).
Slayare: il successo che non accetta mezze misure
di Beatrice Cristalli
Slay è il punto focale di una grande mappa concettuale che ruota attorno all’idea di “eccellere”, con la connotazione ipercolloquiale di spaccare, non solo nell’agire ma anche nel comunicare l’azione compiuta. Non si tratta semplicemente di fare le cose bene e in modo serio: nel vocabolario della Generazione Z e degli Alpha, il successo dev’essere enfatizzato, elevato a evento. Celebrato pubblicamente. Non esiste più spazio per la moderazione. O hai slayato o hai fallito, senza mezze misure.
Questo approccio riflette una trasformazione profonda della cultura delle nuove generazioni: la performance personale non è completa se non diventa visibile, se non è riconosciuta, condivisa e approvata. Slayare è il verbo che incarna questa esigenza di spettacolarizzazione, in cui non conta solo ciò che fai, ma come lo racconti e come riesci a farlo percepire agli altri.
E in questa grammatica della performance, slayare trova un alleato perfetto in droppare, che deriva dall’inglese to drop e significa letteralmente ‘lasciar cadere’, ma nel linguaggio generazionale indica il rilascio strategico di un contenuto, il suo lancio come un evento carico di aspettative. Pensiamo a un artista che droppa un singolo o un album: non si limita a pubblicarlo, ma trasforma il gesto in un momento carico di tensione e anticipazione, destinato a suscitare clamore. Entrambi i termini si inseriscono nella logica della spettacolarizzazione, dove nulla è lasciato al caso, dove la riuscita non risiede solo nel contenuto, ma nella sua capacità di creare un impatto nel pubblico. Pensiamo al gesto del mic drop, che descrive il gesto (decisamente teatrale) di lasciar cadere il microfono alla fine di un discorso molto sentito. Che probabilmente ha slayato.