neorealismo
s. m. [comp. di neo- e realismo]. – 1. Movimento filosofico, sorto tra la fine dell’Ottocento e gli inizî del Novecento, che, pur con diversità di singole posizioni e interpretazioni, tende a rivalutare l’esistenza obiettiva del reale, contro il soggettivismo della filosofia idealistica; si è sviluppato particolarmente in Inghilterra (con G. E. Moore e B. Russell) e negli Stati Uniti (con R. B. Perry, W. P. Montague e altri). 2. In letteratura, tendenza della narrativa italiana, manifestatasi intorno al 1930 e affermatasi come esigenza di aderire più fedelmente, concedendo il meno possibile all’artificio letterario, a una realtà travagliata da particolari problemi esistenziali, generati soprattutto dalle convenzioni borghesi e da un’individuale angoscia dei sensi, espressione di una dolorosa consapevolezza della vacuità e della noia di vivere; negli anni della seconda guerra mondiale e soprattutto in quelli del dopoguerra, in concomitanza con lo svilupparsi del n. cinematografico, questi motivi si compongono con istanze sociali e politiche, perseguendo la rappresentazione cruda e drammatica di una condizione umana offesa da difficoltà e violenze quotidiane, viste non tanto come fenomeni legati a una particolare contingenza storica (lotte sociali, guerra, fascismo, ecc.), quanto come pesanti e irriducibili retaggi dell’uomo. Variamente atteggiato nei diversi scrittori, il neorealismo spazia dall’estremo di una narrazione accentuatamente analitica, risolta nella descrizione di personaggi, ambienti, situazioni (Bernari, Moravia, Jovine, ecc.), all’altro estremo di una narrazione lirica nella sostanza, e spesso intensificata da punte espressionistiche, che si fa specchio di dissensi e inquietudini più squisitamente individuali (Pavese, Vittorini, l’ultimo Pratolini, ecc.). 3. Corrente sviluppatasi nel cinema italiano tra il 1945 e i primi anni Cinquanta, soprattutto per opera di R. Rossellini e di altri registi che si sono ispirati a episodî della Resistenza o alla tragica condizione del dopoguerra; era caratterizzato da un forte impegno morale e politico, in polemica con le rappresentazioni estetizzanti e retoriche della produzione precedente. 4. Nell’arte figurativa, corrente (indicata anche, impropriam., col nome di realismo socialista), sorta in Italia dopo la seconda guerra mondiale, avendo come caposcuola il pittore R. Guttuso, per reazione all’arte astratta e al conformismo borghese dell’arte non impegnata socialmente, con il programma di ricondurre l’arte a forme di immediata comunicazione e a contenuti storicamente più attuali (le lotte dei lavoratori, il mondo dei contadini, gli episodî della Resistenza, ecc.).