noi
nói (ant. e poet. nui) pron. pers. pl. [lat. nōs]. – È il pronome di prima persona plurale, usato cioè dalla persona che parla, quando si riferisce a sé stessa e, insieme, ad altre persone; si adopera sia come soggetto (corrispondente plur. del pron. io): noi crediamo; sia come compl. oggetto o compl. indiretto formato con preposizione (corrispondente plur. di me): chiamò proprio noi; venite con noi; ditelo a noi; hanno chiesto di noi; lavorano per noi, ecc. Con la prep. da può assumere sign. particolari: venite a cena da noi, a casa nostra; da noi l’aria è buona, nel nostro paese, e sim. Con la prep. a: veniamo a noi, torniamo a noi, veniamo al discorso che ci interessa, torniamo in argomento; l’esclam. a noi! fu grido d’incitamento e di raccolta adottato dai reparti di arditi durante la prima guerra mondiale (1917), poi dai legionarî fiumani (1919), e divenne infine (dal 1933) saluto ed esortazione ad agire e lottare in uso nel periodo fascista. La forma atona (corrispondente al sing. mi) per il compl. oggetto e il compl. di termine è ci: ci chiamò, ci disse (ma v. anche ne3). Nella lingua ant. si usò talora noi senza preposizione, con valore di compl. di termine: Di grazia fa noi grazia (Dante); voler bene a chi noi vuol male (Patrizi da Cherso). Come soggetto, si esprime o si sottintende, si antepone o si pospone al verbo in modo analogo a io: verremo senz’altro (sottint. noi); noi stessi, anche noi, proprio noi lo abbiamo detto; ci penseremo noi; siamo noi che dobbiamo ringraziare; avendo noi accettato, ... ecc. Rafforzato con altri o altre (noi altri o noi altre, anche con grafia unita) esprime forte contrapposizione: noi altri giovani la pensiamo così. Può avere come apposizione un sing. collettivo: noi, povera gente, ... Nell’uso tosc. può reggere un verbo al sing. con costruzione impersonale: noi si mangia alle otto; allora, noi s’andava tutti gli anni al mare. Può essere usato in luogo del singolare (ferma restando la sintassi di pronome plurale) da persona d’alta autorità (noi o plurale maiestatico), e anche da oratori o scrittori che vogliono considerare gli ascoltatori o lettori come partecipi del proprio ragionare, o che intendono condividere con altre persone la paternità di quanto affermano o esprimono (si parla in questo caso di plurale di modestia): gli autori da noi citati.