nullita
nullità s. f. [dal lat. mediev. nullitas -atis, der. del lat. nullus «nessuno»]. – 1. L’essere nullo, privo cioè di valore o di validità, di efficacia: riflettere sulla n. della vita, della propria esistenza; la n. di un argomento, delle ragioni addotte, di una prova. In partic., in diritto, la situazione di invalidità del negozio giuridico, determinata da un vizio che rende il negozio stesso inidoneo a produrre i suoi effetti e quindi non solo inefficace, ma come se fosse giuridicamente inesistente: n. assoluta, quella che la legge considera insanabile e che può essere rilevata anche d’ufficio; n. parziale, quella che riguarda solo alcune clausole o parte del contenuto di un negozio; n. relativa, lo stesso che annullabilità; dichiarazione di n. (di un contratto, di un testamento, di un matrimonio), lo stesso che annullamento. Nel diritto processuale, l’invalidità di atti processuali che siano o viziati da inosservanza di forme tassativamente prescritte dalla legge (per es., registrazioni telefoniche non autorizzate) o privi dei requisiti essenziali di forma ritenuti indispensabili per il raggiungimento del loro scopo (per es., un’incertezza nella notificazione che renda ardua l’identificabilità del destinatario). Nel diritto canonico, querela di n. (lat. querela nullitatis), opposizione con cui si chiede che una sentenza giudiziale invalida sia dichiarata nulla. 2. Con riferimento a persona, mancanza di valore, di capacità positive, inettitudine: essere cosciente della propria n.; riconoscere, dimostrare la n. di qualcuno (e, precisando, la n. intellettuale, la n. nel campo degli studî, della politica, ecc.). Frequente in senso concr., persona che non vale nulla: essere, mostrarsi una n.; si è rivelato una n. assoluta.