obbligare [dal lat. obligare, der. di ligare "legare", col pref. ob-] (io òbbligo, tu òbblighi, ecc.). - ■ v. tr. 1. [stringere con obbligo, con la prep. a del secondo arg.: il giuramento obbliga un teste a dire tutta la verità; una indisposizione l'obbliga a letto] ≈ coartare, costringere, forzare, imporre (a: imporre a qualcuno una legge ingiusta). ↓ impegnare, indurre, vincolare. ↔ dispensare, esentare, esimere, esonerare. 2. (giur.) [con compl. oggetto di cosa, rendere soggetto a vincoli un bene e sim.: ha obbligato con ipoteca il podere] ≈ gravare, vincolare. ■ obbligarsi v. rifl. 1. (non com.) [prendersi l'obbligo di qualcosa, con la prep. a: mi obbligo a restituire il libro entro domani] ≈ impegnarsi. 2. (giur.) [assumere un'obbligazione: o. come mallevadore] ≈ farsi garante, garantire. 3. [assumersi legami, crearsi obblighi di riconoscenza e sim.: chiedendogli un favore ci obbligheremo] ≈ impegnarsi, vincolarsi. ↔ disobbligarsi, sdebitarsi.
obbligare. Finestra di approfondimento
Fare forza sulle persone - Vi sono vari modi e gradi di esercitare forza sulle persone perché facciano qualcosa. O. e costringere sono i termini più com. e hanno sfumature leggermente diverse. Il primo termine, infatti, si riferisce talora a obblighi naturali, morali o giuridici, laddove il secondo è impiegato soprattutto per necessità o per volontà altrui: il freddo mi obbligava starmene per lo più in casa (P. Giannone); avevo da poco ottenuto un impiego di fiducia, che m’obbligava a viaggiare continuamente (L. Pirandello); se tu credi ch’io voglia consigliarti male, perché allora mi costringi ad ascoltarti? (F. Tozzi); il bisogno di un lavoro mi costrinse ad emigrare. Costringere è talora usato anche nel senso di «indurre qualcuno a fare qualcosa anche contro la sua volontà»: non costringermi a usare le cattive maniere! In questo sign., o. non è del tutto appropriato, mentre un sinon. adatto, ancorché più formale e più attenuato, è indurre, che vale talvolta convincere,persuadere,stimolare, oppure i più com. spingere o portare: ma quale è il motivo principale che la induce a farsi monaca? (A. Manzoni); mi ha portato all’esasperazione. Spingere è, per l’appunto, un sinon. d’uso più com. rispetto ai verbi precedenti, anche se non implica necessariamente un obbligo esterno ma talora una semplice forte volontà: un irrefrenabile desiderio di sentirla mi spinse a telefonarle alle due di notte. Forzare è sinon. di costringere e, nonostante l’etimo, non implica necessariamente l’uso della forza: la forzò amorosamente a uscire col marito (L. Pirandello). Meno com. è sforzare: lo sforzò dolcemente a pigliare un poco di brodo (C. Boito). Imporre è più formale di o., di cui peraltro condivide la sfumatura legata ai vincoli giuridici, morali e sim.: la sincerità le impose di mettermi in guardia dal tranello che mi stavano tendendo. In più, imporre può anche voler dire «dare ordini» ed essere dunque sinon. di comandare,ordinare o dei più formali ingiungere o intimare: suo padre le impose di tacere (A. Fogazzaro).
Fare forza sulle cose - La forza può essere esercitata anche su un oggetto. Anche qui i sinon. saranno diversi a seconda del grado ma anche della direzione della forza. Se si esercita su un oggetto dall’alto verso il basso i sinon. saranno calcare,pigiare,premere e spingere, rispetto ai quali tuttavia forzare è intens., poiché rimanda a una particolare energia impiegata per far entrare qualcosa, per far aderire un oggetto a un altro e sim.: calcò il coperchio sulla scatola; premere la molla per far scattare il meccanismo. Incastrare può essere sinon. (meno intens.) di forzare, nel senso di «far andare qualcosa a incastrarsi con (o in, tra) qualcos’altro»: cerca di incastrare il libro tra gli altri due, in modo che non cadano. Sia incastrare sia spingere possono indicare un moto in avanti, e non solo dall’alto verso il basso. Se si fa forza su un oggetto chiuso (scrigno, serratura e sim.) per cercare di aprirlo, l’unico sinon. non marcato è forzare (ha forzato la serratura), giacché manomettere rimanda a un’azione illegale, come (e ancor più) scassinare, che allude sempre a furti: il sistema d’allarme è stato manomesso; scassinare un appartamento, un’automobile.
Obbligo - Ciò che viene imposto è detto obbligo o imposizione. I due termini hanno sfumature semantiche di‡erenti. Con obbligo si intende di solito il risultato di un ordine o di un vincolo, dell’obbligare qualcuno a fare qualcosa (hai l’obbligo di ascoltarmi; il medesimo es., con imposizione al posto di obbligo, suonerebbe bizzarro, anche se possibile), mentre imposizione è più l’atto che l’effetto dell’imporre (aveva ceduto all’imposizione dell’amante insensata [G. D’Annunzio]): un obbligo si ha, un’imposizione si subisce, benché non manchino esempi contrari. Inoltre, il primo termine è per lo più legato a quanto viene obbligato dalla legge, dalla morale e sim., mentre il secondo termine si riferisce alla volontà (o al capriccio) altrui: Gerone di Siracusa, per prezzo della vittoria riportata sopra i cartaginesi, impose loro l’obbligo di non ammazzare più i propri figli (V. Cuoco); la principessa, che verso gli altri figli adoperava i più acri sarcasmi, le imposizioni più dure e le minacce estreme, tenne a lui il linguaggio della persuasione (F. De Roberto). Sinon. più formali sono coercizione e costrizione, che possono riferirsi sia a obblighi sanciti per legge sia a imposizioni provenienti da altri: la mancanza d’un contratto, l’impossibilità di ricorrere alla coercizione giuridica costituiscono gli impegni d’onore, i soli davvero santi (V. Imbriani); il nostro rapporto è libero e senza costrizioni. Limitazione,restrizione e vincolo indicano di solito un grado più attenuato di imposizione, lasciando almeno qualche margine alla libertà: se mi assegni dei compiti dirigenziali ti prego di non pormi tutte queste limitazioni; la democrazia è una libertà con qualche restrizione; non voglio vincoli. Quando un obbligo è sentito come particolarm. importante, in quanto è comunem. accettato dalla morale e sim., può essere detto dovere: io conosco il mio dovere di padre (L. Pirandello). Rispetto ad obbligo, dovere esprime una costrizione più intima che esteriore. Talora dovere ha peraltro un senso più attenuato, rispetto a obbligo, alludendo alle attività che ci si impegna a svolgere: ha sempre fatto il suo dovere senza lamentarsi. Più formale, e di solito limitato a obblighi considerati come regole, è precetto, spesso riferito a regole morali o ecclesiastiche: l’anima umana era sana e giovine allora, né il cuore e la intelligenza erano stati tormentati da trenta secoli di precetti e di sistemi, di dolori e di dubbi (L. Pirandello).
Quel che va fatto - Un’ultima serie di termini (tutti più attenuati di obbligo, quanto alla forza dell’imposizione) si riferisce all’obbligo di fare qualcosa per lavoro, o anche in senso fig. Il termine meno marcato è compito, soprattutto per ciò che si è chiamati a svolgere in ambito lavorativo o comunque in un contesto di distribuzione di ruoli o funzioni (con l’analogo incarico, se il compito è stato assegnato da qualcuno, e il più formale mansione): tu avevi il compito di telefonare al commercialista. Ufficio è termine più formale ed è più spesso usato nel senso attenuato di funzione: i nostri scrittori non adempiono come dovrebbero l’ufficio loro (P. Borsieri). Missione è usato per compiti particolarm. importanti e soltanto in determinati contesti (per es. in ambito militare o politico): gli fu assegnata un’importante missione diplomatica. Inoltre, missione ha una spiccata connotazione morale, per intendere una forza dettata più da esigenze di fede interiori che dall’esterno, molto simile a vocazione: fare il medico è una missione. Tutti questi termini hanno usi fig. e possono riferirsi anche a cose: gli aranci avevano il compito speciale di dare al quadretto una intonazione mite e gentile (A. Fogazzaro).