odiare
v. tr. [der. di odio] (io òdio, ecc.). – 1. Avere in odio, nutrire odio per qualcuno: o. una persona; o. il nemico; non odio nessuno; o. a morte, con acredine (propr., fino a desiderare la morte della persona che è oggetto d’odio); con uso assol.: Noi troppo odiammo e sofferimmo (Carducci); farsi o., attirarsi l’odio altrui; come rifl. con valore reciproco: erano amici e ora si odiano; e rafforzando: si odiano profondamente, con tutto il cuore, con tutta l’anima. Come vero e proprio rifl., odiarsi, e con più efficacia odiare sé stesso, provare un forte senso di rammarico, di colpa, di rabbia e insieme un desiderio di autopunizione per cosa che si vorrebbe non aver fatta o detta. 2. Con sign. attenuato, detestare, non poter soffrire, quindi anche evitare, sfuggire, per un sentimento di avversione o di ripugnanza: ho sempre odiato gli ipocriti; o. il male; o. le chiacchiere inutili, le polemiche, le formalità, la retorica; odio questo ufficio; ella odiava trovarsi fuori dalla sua casa, in un mondo sconosciuto e ostile (Maria Teresa Di Lascia); certi uccelli odiano la luce. ◆ Part. pass. odiato, anche come agg.: l’odiato nemico, l’odiato rivale; vorrei bruciare questi odiati libri.