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odio

Sinonimi e Contrari (2003)
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odio /'ɔdjo/ s. m. [dal lat. odium]. - 1. [sentimento fortemente negativo nutrito verso qualcuno, per cui se ne desidera il male e persino la morte: nutrire, covare o. contro qualcuno; portare o. a qualcuno] ≈ astio, avversione, disdegno, disprezzo, (lett.) esecrazione, livore, risentimento. ↓ antipatia. ‖ inimicizia, ostilità. ↔ amore. ↑ adorazione. ↓ apprezzamento. ‖ amicizia. 2. [disposizione d'animo contraria a qualcosa: avere o. per i convenevoli] ≈ avversione, disdegno, intolleranza. ↑ disgusto, ripugnanza. ↓ antipatia, [solo assol.] contrarietà. ↔ amore, predilezione. ↑ adorazione, passione. ↓ attitudine, inclinazione. [⍈ IRA]

Finestra di approfondimento
Fabio Rossi

odio. Finestra di approfondimento

Sfumature d’odio - Vari nomi vengono dati ai sentimenti negativi che si nutrono verso qualcuno o qualcosa. Tra questi, o. è il termine più generale e com., impiegato talora iperb. per intendere in realtà un semplice non-amore, o un’antipatia (ti ho già spiegato il mio o. per la televisione), altre volte usato in modo assol. (molto più spesso dei suoi sinon., che preferibilmente richiedono di specificare l’ogg. dell’odio, e così come il suo esatto contr., amore): l’o. è solitario; l’amore è simpatia e armonia (F. De Sanctis). Più spesso di molti suoi sinon., inoltre, odio ha come ogg. una persona (piuttosto che una cosa) o alcune sue caratteristiche fisiche, morali o comportamentali. Avversione è il sinon. più vicino a o., anche se, rispetto a quest’ultimo, sottolinea spesso il senso di allontanamento, di fastidio, di forte incompatibilità: mi scusai raccontandogli dell’avversione di mio padre per medici e medicine (I. Svevo). Simili ad avversione, ma più intens., sono disgusto, repulsione e ripugnanza: donna Eugenia, nell’amarezza dell’animo suo, nel suo disgusto del luogo, e delle persone, s’attaccò a lui come al solo degno (A. Fogazzaro); provava contro di lei un senso istintivo di repulsione (G. D’Annunzio); ella guardava le persone con ripugnanza (F. Tozzi). Un sinon. più fam. di disgusto è l’assai com. schifo, a indicare qualcosa o qualcuno (propriamente un odore o un sapore, ma estensivamente anche una persona, una situazione e altro) da cui ci si ritragga con un senso quasi di nausea: appallottò con impeto di schifo il foglio e lo scagliò dalla vettura (L. Pirandello).

Odio verso le persone - Disdegno e disprezzo, il primo più formale del secondo, designano sentimenti provati soltanto per le persone o per alcune loro caratteristiche, con implicito riferimento, di solito, a un giudizio morale fortemente negativo oppure a un senso di distaccata (talora arrogante) superiorità nei confronti della persona disprezzata: Guido rifiutò il mio consiglio addirittura con disdegno (I. Svevo); Bruno parla con disprezzo dantesco del volgo (F. De Sanctis). Più formale è sdegno, che però s’avvicina più all’ira che al giudizio morale o al senso di superiorità: Marta fremeva di sdegno e di rabbia (L. Pirandello). Esecrazione, d’uso prevalentemente lett., è appropriato per lo più per sentimenti di forte critica nei confronti di comportamenti giudicati molto negativamente, e ha dunque un sign. intermedio tra quello di o. e quello di biasimo, condanna, riprovazione e sim.: l’innominato raccontò brevemente, ma con parole d’esecrazione anche più forti di quelle che abbiamo adoperato noi, la prepotenza fatta a Lucia (A. Manzoni). Astio e risentimento, anch’essi riferiti soltanto a persone, sottintendono un sentimento aspro motivato da torti subiti in precedenza: astiò il figlio del padrone, con quell’astio istintivo e cattivo, che hanno quelli costretti a ubbidire (F. Tozzi); cercò di nascondere, come dentro a una maschera, il cupo risentimento dell’animo offeso (E. De Marchi). Livore, termine formale, indica un tipo d’odio rabbioso e a stento represso: esageravo gli atti di cortesia perché non indovinasse il mio livore (I. Svevo).

Provare odio - I sinon. di odiare sono tutti più marcati, per grado o registro. Aborrire e detestare, il primo più formale del secondo, esprimono un sentimento ancora più intenso dell’odio: aborro la caccia (I. Svevo); il Balli detestava tutto ciò che ignorava (I. Svevo). Disdegnare, disprezzare, il formale sdegnare e il lett. esecrare, al pari dei sost. ai quali sono etimologicamente legati, indicano per lo più un severo giudizio morale o un senso di forte distacco o superiorità, oppure una sorta di rabbia. Tuttavia i primi due verbi, rispetto ai sost. relativi, sono spesso riferiti anche a cose e possono indicare un generico non amare, soprattutto in espressioni colloquiali con uso di litote con valore di «non trovare sgradito», «non provare dispiacere», o addirittura «apprezzare, gradire, desiderare» e sim.: non disdegnerei un bel piatto di pasta, a quest’ora (ovvero non mi dispiacerebbe, desidero fortemente e sim.); la sua offerta non mi sembra da disprezzare. Sinon. molto più formali di disprezzare sono abominare, disistimare, dispregiare, spregiare e sprezzare: sovvenitevi che l’Alfieri sprezzava altamente gli ingiusti o maligni giudizi di chicchessia (P. Borsieri). Schifare è d’uso più com., talora anche fam.: Alessandro Magno schifò quel (consiglio) d’Aristotile, che volea ch’egli trattasse i greci da parenti, e i Barbari da bestie (G. Leopardi).

Suscitare odio - Chi, o ciò che, suscita odio viene detto, nel modo più com., odioso, agg. che è riferito quasi esclusivamente a persone o ad azioni, comportamenti e sim., ma non ad oggetti, a differenza di odiare: posso odiare le sigarette, ma difficilmente direi di una sigaretta che è odiosa, bensì che è schifosa, disgustosa e sim. Un enunciato come le sigarette mi sono odiose, ancorché possibile, suonerebbe molto formale, in luogo di un più com. non mi piacciono le sigarette, odio le sigarette e sim. Se il sentimento è ancora più forte, e per lo più connesso con un giudizio morale, si dirà detestabile, insopportabile o, più formalmente, abominevole. Il secondo termine è di solito meno marcato degli altri due, indicando non necessariamente un giudizio morale ma semplicemente un forte senso di fastidio (ma più del semplice fastidioso): voi mi trovate insopportabile? (C. Goldoni); quello che hai fatto è abominevole. Per un grado ulteriore di avversione, sono disponibili i termini disgustoso, schifoso (che è l’agg. più com. e fam. della serie) o, ancora più intens., nauseante, repellente, ributtante, ripugnante, rivoltante, stomachevole, vomitevole, i quali, nonostante l’etimologia connessa con le funzioni digestive e sim., si riferiscono spesso, soprattutto nell’uso fam., non soltanto a cibi, odori o sapori, ma anche a persone, opere d’arte, discorsi, oggetti e altro: hai coraggio solo per mentire, sbirro schifoso? (F. De Roberto); una razza stomachevole di farabutti (G. C. Chelli). Spregevole e i formali esecrabile ed esecrando sono quasi sempre legati, come i termini già incontrati con la stessa radice, a una negativa valutazione morale nei confronti di ciò che merita biasimo, e valgono dunque condannabile, criticabile e sim.: che la tirannide sia un governo esecrabile e vizioso in sé stesso, già ben lo sapevano tutti coloro che stupidi affatto non sono (V. Alfieri). In più spregevole, al pari dei già commentati disdegnare e disprezzare, può anche comparire in litoti per indicare, in realtà, qualcosa di apprezzabile, indipendentemente dalla sfera morale: ottenere a ventisei anni un posto di segretario in un ramo così importante e nuovo della pubblica amministrazione, com’erano allora le Finanze, non fu piccola né spregevole fortuna (I. Nievo).


Vocabolario
incitamento all’odio
incitamento all'odio incitamento all’odio loc. s.le m. Azione, espressione, comportamento, discorso di tipo razzista che incita alla violenza o all'odio nei confronti di individui o intere fasce di popolazione (stranieri e immigrati, donne,...
odio online
odio online loc. s.le m. In internet e nei siti di relazione sociale, espressione di odio e di sentimenti razzisti, tramite discorsi, slogan, insulti rivolti contro singoli, specialmente se personaggi pubblici noti, o intere fasce di popolazione...
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