oggetto
oggètto s. m. [dal lat. mediev. obiectum, neutro sostantivato di obiectus, part. pass. di obicĕre «porre innanzi»; propr. «ciò che è posto innanzi (al pensiero o alla vista)»]. – 1. In filosofia, ogni cosa che il soggetto percepisce come diversa da sé, quindi tutto ciò che è pensato, in quanto si distingue sia dal soggetto pensante sia dall’atto con cui è pensato: o. reale, immaginario, sensibile, ideale, materiale, immateriale; l’o. della conoscenza, del pensiero, della coscienza, della sensazione, delle percezioni, oppure la conoscenza, la percezione degli o., la rappresentazione degli o. alla mente. In questo senso, la parola non implica necessariamente l’esistenza in sé della cosa pensata; in altri casi, invece, indica una realtà che possiede un’esistenza propria, indipendente dalla conoscenza o dall’idea che ne può avere il soggetto pensante: o. conoscibili e o. inconoscibili. 2. Per estens. a. La cosa (materiale o non materiale) o la persona cui è diretta un’azione, un’attività, un comportamento, o alla quale è rivolto un sentimento: quell’opera fu per molto tempo l’o. dei suoi pensieri; il lavoro è l’o. delle mie preoccupazioni; qual è l’o. dei tuoi studî, delle tue ricerche?; essere o. di venerazione, di amore, di pietà, d’invidia; divenire o. di scherno. b. Nel linguaggio giur., o. del diritto, in senso generale, l’attività umana nelle sue varie manifestazioni; più comunem., con riferimento ai diritti soggettivi, l’oggetto si identifica con i beni suscettibili di utilizzazione ritenuti dal diritto idonei a soddisfare le varie esigenze dei singoli e della società; o. del negozio giuridico, l’interesse o gli interessi che le parti intendono regolare con adeguate dichiarazioni di volontà; o. dell’obbligazione, la prestazione cui il debitore è tenuto in ragione del vincolo obbligatorio. c. Ciò che costituisce il fine, lo scopo di un’azione, un’attività, un comportamento; ciò che ci si propone di raggiungere e di realizzare: l’o. costante dei miei desiderî è la serenità; avere per o. la scoperta della verità; la gloria è giudicata il maggior bene che sia concesso ai mortali, e il più degno o. che questi possano proporre alle cure e alle azioni loro (Leopardi); anche come sinon. di scopo: l’o. d’una visita, d’un viaggio; l’o. principale dell’articolo è di far conoscere con esattezza la situazione attuale. d. Materia, argomento: l’o. della conversazione, d’una conferenza, d’un discorso. In partic., nelle lettere e nelle pratiche d’ufficio, indicazione sommaria dell’argomento di cui la pratica o la lettera trattano; frequente la locuz. agg. in oggetto, riferita, in senso proprio, all’argomento precisato in capo alla lettera o alla pratica, e con uso estens. alla questione di cui si parla o scrive (tornando al problema in oggetto ...). 3. In senso più concr. e più com., ogni cosa che cada sotto i sensi dell’uomo: la luce permette di distinguere i varî o.; non conosco l’uso di questo o.; in partic. (spec. con una determinazione), cosa che abbia una forma definita e sia opera del lavoro umano: o. artistici, preziosi, di lusso; oggetti d’abbigliamento; aveva le tasche piene di o. inutili; ufficio degli o. smarriti; è vietato toccare gli o. esposti. O. d’arte (traduz. del fr. objet d’art, ted. Kunstgegenstand), nel linguaggio delle arti figurative, denominazione della categoria dei prodotti delle arti minori, distinta dalla pittura e dalla scultura; di qui, con uso arbitrariamente ellittico, il semplice oggetto è stato assunto nel linguaggio del commercio per designare genericam. quei prodotti decorativi che sono compresi nella cosiddetta oggettistica (v.). In astronomia, o. celeste, qualsiasi corpo celeste non altrimenti specificato. 4. In ottica, punto-oggetto, o semplicem. oggetto, in contrapp. a immagine, il punto dal quale provengono o sembrano provenire i raggi luminosi che concorrono a formare l’immagine fornita da un sistema o strumento ottico; spazio-oggetti, l’insieme dei punti che, in relazione a un dato sistema ottico, possono essere punti-oggetto. 5. In informatica, codice oggetto, la sequenza di istruzioni in linguaggio di macchina nella quale viene trasformato un programma, scritto in un linguaggio simbolico di livello elevato, dopo che ne è stata effettuata la traduzione da parte del compilatore (v.). 6. In grammatica, s’intende per oggetto dell’azione verbale la persona o la cosa, concreta o astratta, su cui si esercita l’azione esplicata da un’entità agente, soggetto dell’azione, e che, nella frase con verbo transitivo attivo, costituisce il complemento diretto del verbo, cioè il complemento oggetto; questo, nelle lingue indoeuropee con declinazione, è indicato dal caso accusativo, nelle altre per mezzo della collocazione, in genere dopo il verbo. Nelle frasi in cui l’azione è espressa da un verbo in forma passiva, oggetto dell’azione è, al contrario, il soggetto grammaticale. Complemento dell’o. interno, quello che si ha con verbi intransitivi, quando consta di una parola di significato affine a quello del verbo o anche etimologicamente connesso con questo (per es.: vivere un’esistenza, o una vita, piena di stenti; sognare sogni beati). 7. In psicanalisi, il termine designa ciò con cui un individuo è in rapporto, elemento fondamentale, quindi, della relazione che la persona intrattiene con l’altro o con ciò che percepisce come altro; è in genere specificato dagli aspetti della relazione che si intendono sottolineare: o. libidico, la meta di soddisfazione dei desiderî; o. reale, o. parziale, la persona con cui si è in rapporto in quanto vissuta nella sua interezza o, rispettivamente, in quanto sostituita da una sua parte (come il seno o il pene) che simbolicamente rappresenti caratteristiche affettive e relazionali della persona totale; o. esterno, o. interno, quelli che costituiscono eventi reali ed esterni o, rispettivam., rappresentazioni interne e quindi fantasmatiche. 8. Con funzione appositiva, donna oggetto, locuzione con cui si è inteso qualificare polemicamente, spec. nell’ambito del femminismo, la condizione sociale delle donne, che sono state costrette in ruoli di passività e subalternità invece di essere considerate persone e soggetti sociali, con conseguente riduzione della singola donna a oggetto sessuale, e dell’immagine femminile a mero strumento dell’erotismo, della pubblicità, delle mode, ecc. ◆ Dim. oggettino, spreg. oggettùccio, entrambi solo nel sign. 3.