olocausto
olocàusto s. m. e agg. [dal lat. tardo holocaustum (holocaustus come agg.), gr. tardo ὁλόκαυστον (sinon. del più com. ὁλοκαύτωμα), neutro sostantivato dell’agg. ὁλόκαυστος «bruciato interamente», comp. di ὅλος «tutto, intero» e καίω «bruciare»]. – 1. s. m. a. Forma di sacrificio praticata nell’antichità, spec. nella religione greca e in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente bruciata: offrire un o. alla divinità, e offrire un agnello in o.; celebrare un o.; il nume l’o. accolse, Ma non il voto (V. Monti); i festosi ... e mistici etruschi ... praticavano gli o. umani (Bacchelli). Anche, talora, la vittima offerta in sacrificio: l’animale che ne gli antichi sacrifizi si offriva a Dio chiamavasi olocausto o pure ostia o vittima (Muratori). b. Per estens., sacrificio totale, distruzione di gruppi etnici o religiosi, di popolazioni, città (spesso come sinon. di massacro, martirio, genocidio): l’o. degli Armeni; l’o. nucleare di Hiroshima. Nel linguaggio corrente, per antonomasia, l’o. (in questo senso anche maiusc., l’Olocausto, e come sinon. di Shoah), quello degli Ebrei nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale. c. fig. Sacrificio volontario, spec. quello supremo, dedizione totale, generosa e assoluta: Gesù Cristo si offrì in o. per la redenzione degli uomini; offrirsi in o. per la patria; fare o. di sé, della propria vita (a un ideale, alla causa comune, alla libertà nazionale); Con tutto ’l core e con quella favella Ch’è una in tutti, a Dio feci olocausto (Dante), feci offerta di tutto me stesso. 2. agg., letter. raro. Arso interamente, offerto in olocausto: la vittima olocausta (Firenzuola); in senso fig., la città olocausta, la città di Fiume, così soprannominata da G. D’Annunzio nel 1920 (con il sign. di «città martire»).