omissione
omissióne s. f. [dal lat. tardo omissio -onis, der. di omittĕre «omettere», part. pass. omissus]. – Il fatto di omettere, di non fare cioè, intenzionalmente o no, quello che si potrebbe o dovrebbe fare, o in genere di tralasciare qualche cosa, e, con valore concr., la cosa che viene omessa, tralasciata: o. volontaria, involontaria; o. di alcuni particolari nel racconto di un fatto; le o. riscontrate nel testo sono di notevole importanza; salvo errori e omissioni, espressione che per convenzione si aggiunge in calce a rendiconti o scritture contabili (comunem. abbreviata in s. e. e o.). In diritto penale, reato consistente nel mancato adempimento di un determinato obbligo giuridico: o. di atti d’ufficio, reato del pubblico ufficiale che indebitamente omette un atto dell’ufficio o del servizio; o. di doveri d’ufficio, reato del pubblico ufficiale che, in occasione dell’abbandono collettivo di pubblici uffici o della interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità, omette di adoperarsi per la ripresa del servizio a cui è addetto o preposto, o di compiere ciò che è necessario per la regolare continuazione del servizio; o. di referto, reato di chi, esercitando una professione sanitaria e avendo prestato la propria opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto, omette o ritarda d’informarne l’autorità giudiziaria o sanitaria competente; per o. di soccorso, v. soccorso. Nella teologia cattolica, peccato di omissione, peccato consistente nel non fare ciò che comanda la legge di Dio (per es., non adempiere il precetto festivo). In paleografia, segni di omissione, i segni critici usati nei manoscritti per segnalare eventuali mancanze nel testo, e cioè, nei papiri e nei codici greci, oltre gli obeli, le ancore volte verso l’alto o verso il basso e le espressioni ἄνω e κάτω; nei codici latini di solito le sigle hd (hic deest «qui manca») e hs (hic scribe «qui scrivi»).