onoranza
(ant. onranza, orranza) s. f. [der. di onorare]. – 1. Onore, condizione onorevole: salire, essere in grande onoranza. In questo sign. è oggi poco com., e s’adopera più spesso al plur. per indicare atti o cerimonie con cui si rende pubblicamente onore a persona viva o defunta: fare, tributare, decretare solenni o. (all’illustre uomo di stato, all’insigne studioso, al grande scomparso, ecc.); o. funebri, le estreme o., le esequie, i funerali. 2. Nell’uso ant., denominazione (per lo più al plur.) delle tasse che si pagavano in epoca feudale in occasione di successione ereditaria di beni allodiali (in proprietà libera), delle prestazioni a cui talvolta era tenuto il livellario in determinate epoche dell’anno verso il padrone, dell’assegno di rappresentanza corrisposto dallo stato ai suoi funzionarî e, più tardi, di alcuni sovraddazî imposti d’arbitrio dai gabellieri. Il termine fu anche usato, ma raramente, nel senso di tassa sui contratti e di tassa pagata al collegio dell’Arte, detta più comunem. luminaria. 3. Denominazione (spec. al plur.) dei regali in natura (altrove detti regalìe) che i coloni in determinate epoche dell’anno portavano, per obbligo o per consuetudine, al proprietario del podere, o che i parrocchiani recavano al parroco: Monsignore ... seguitava a mutare in polpe i capponcelli e le anitre delle onoranze (I. Nievo).