ora2
óra2 s. f. [lat. hŏra, dal gr. ὥρα]. – 1. a. Unità di misura del tempo, pari alla 24a parte del giorno, e suddivisa in 60 minuti primi; ha come simbolo la lettera h posta a esponente (per es., 1h). Assume varie qualificazioni (alcune delle quali, che si fanno qui seguire per comodità di trattazione, come o. civile e o. legale, riguardano non la durata ma il computo delle ore): o. media, la ventiquattresima parte del giorno solare medio, di durata costante; o. siderea (o siderale), la ventiquattresima parte del giorno sidereo, di durata costante, pari a 59m 50,1704s di tempo medio; o. solare vera, la ventiquattresima parte del giorno solare vero, di durata variabile perché varia nel corso dell’anno la durata di quest’ultimo, vale a dire l’intervallo di tempo che separa due passaggi consecutivi del Sole vero al meridiano di uno stesso luogo; o. civile, per una località, il tempo medio del meridiano centrale del fuso orario in cui la località si trova; o. legale, espressione con cui si usa indicare genericamente modi di contare le ore del giorno che siano precisati da specifiche disposizioni di legge (da questo punto di vista anche le ore ordinarie usate in Italia, quelle del fuso orario -1, sono ore legali, in quanto introdotte con Regio Decreto nel 1893) ma che correntemente viene riferita a quella che, propriamente, è da chiamarsi ora legale estiva o semplicemente ora estiva, introdotta nel corso della 1a guerra mondiale: si tratta di aggiungere un’ora a quelle del detto fuso orario -1, dette ore solari, per cui, per es., alle ore 12 del mezzogiorno «solare» vengono a corrispondere le ore 13 «legali», e ciò per utilizzare meglio l’illuminazione solare e quindi ridurre il consumo di energia elettrica (in certe nazioni, per es. in Francia, si ha uno spostamento di un’ora permanente, per tutto l’anno, al quale si aggiunge un’altra ora d’estate); nel passato la vigenza di questa ora estiva è stata piuttosto varia, e attualmente essa entra in vigore, contemporaneamente per quasi tutti i paesi europei, nella notte tra un sabato e una domenica di fine marzo, per terminare, con modalità analoghe, al principio dell’autunno, quando viene ripristinata l’ora solare; o. sinottica, ora scelta per convenzione internazionale per l’esecuzione contemporanea in tutti gli osservatorî del mondo delle osservazioni meteorologiche utili alla previsione del tempo, e cioè, in tempo medio di Greenwich, le 00, 03, 06, 09, 12, 15, 18, 21, di cui le pari vengono dette o. sinottiche principali; o. di porto, detta anche stabilimento di porto, il ritardo col quale si manifesta il massimo dell’alta marea rispetto al passaggio della Luna sul meridiano del luogo (varia da sito a sito e, per una stessa località, anche da un giorno all’altro). Nel computo del tempo, per determinare in modo univoco ciascuna delle 24 parti uguali in cui il giorno è così diviso, si procede ordinariamente dalla mezzanotte (le o. astronomiche invece si contano da un mezzogiorno a quello successivo), designando ciascuna ora con un numero progressivo da 1 a 24; in queste determinazioni la parola ora è per lo più taciuta: è l’una, sono (pop. è) le due, le diciotto, le ventidue, ecc.; le frazioni d’ora vengono indicate in vario modo: sono le dieci e cinque minuti (o assol. le dieci e cinque), le dieci e un quarto, le dieci e venti, le dieci e trenta o le dieci e mezzo, le dieci e tre quarti (oppure [manca] un quarto alle undici), le dieci e cinquantacinque (o più spesso [sono] le undici meno cinque, [mancano] cinque [minuti] alle undici). Molto frequente nello scritto (non però negli orarî), e praticamente esclusivo nella lingua parlata, è ancor oggi l’uso «alla francese» diffusosi in ltalia tra il sec. 18° e il sec. 19° (adottato del resto nella quasi totalità degli orologi, nei quali il quadrante è diviso solo in 12 ore) di contare separatamente le ore che vanno dalla mezzanotte al mezzodì (o. antimeridiane) e quelle che vanno dal mezzodì alla mezzanotte (o. pomeridiane); di qui la necessità di dovere spesso precisare: le otto antimeridiane o di mattina (ant. da mattina); le quattro pomeridiane o del pomeriggio (anche di sera, ant. da sera); le due pomeridiane o del pomeriggio (fam. dopo desinare o dopo pranzo); alle nove di sera; verso le due di notte, ecc.; per l’una e la mezza, si fanno seguire le precisazioni dopo mezzogiorno o dopo mezzanotte solo quando vi sia effettivamente possibilità di equivoco. Anticam., dal medioevo al sec. 18°, il computo delle ore aveva inizio dall’avemmaria della sera (che suona mezz’ora dopo il tramonto del sole); a tale uso «all’italiana», scomparso del tutto solo alla fine del secolo scorso, si riferiscono le indicazioni di ore che si leggono in testi di quei secoli: a ore 8 di notte, che nei mesi equinoziali (sul finire di marzo e di settembre) corrispondono più o meno alle nostre 2; se ne conserva tuttavia il ricordo in espressioni pop. come un’or di notte, due or di notte (v. ór, nel sign. 2); v. inoltre ventitré e ventiquattro. Con riferimento agli orologi: la lancetta delle o., quella che sul quadrante indica le ore; gli orologi dei campanili e delle torri battono le o., le mezz’ore, i quarti d’ora; gli orologi a pendolo (o d’altro tipo, da camera) suonano le o.; tutti, in genere, segnano le ore. b. Con valore più generico, soprattutto per indicare una parte o un momento della giornata: le o. del giorno o diurne; le o. della notte o notturne; le o. del mattino; le o. del pomeriggio; le o. della sera o serali; le prime o. del giorno; di buon’ora (v. buonora); a o. tarda o a tarda o.; a tutte le o., in qualsiasi momento del giorno, sempre: farmacia aperta a tutte le ore. Rispetto alla temperatura dell’aria: o. fresche, quelle della mattina presto o della sera; o. calde, quando il sole è alto sull’orizzonte; o. bruciate, quelle del mezzogiorno e del primo pomeriggio, spec. d’estate, quando fa gran caldo, e per estens. ore inopportune, vane, inutili (v. bruciato). Locuzioni partic.: andare a letto all’o. delle galline o dei polli, prestissimo; o. piccole, le prime dopo la mezzanotte, che hanno un numero basso rispetto a quelle che precedono la mezzanotte (quindi, fare le o. piccole, restare alzato fino a tardi nella notte); o. rubate, quelle che avanzano, o che si riesce a sottrarre, al lavoro o alle occupazioni abituali: sono piccole riparazioni che faccio ogni tanto, a o. rubate; ore di punta, quelle di maggior traffico e più intenso movimento di gente nelle grandi città, o di maggiore affluenza di pubblico nei negozî, negli uffici, e sim. 2. Spazio di tempo della durata di un’ora (spesso con valore approssimativo), indipendentemente dal momento d’inizio: ho dormito solo sei o.; c’è ancora un’o. di lezione (e con riferimento alle lezioni scolastiche: l’o. di chimica, l’o. di geografia, ecc.); il viaggio dura circa tre o.; per arrivare, ci vorrà ancora un’o. buona; abbiamo fatto quattr’o. di cammino, di marcia; il mare è a poco più di un’o. dalla città (occorre cioè, per arrivarci, poco più di un’ora a piedi o, secondo i casi, con automobile o altro mezzo); mezz’ora prima dei pasti; ho letto per una buona mezz’ora; pleonasticamente, ci vuole un’o. di tempo; l’operazione è durata un’o. esatta o un’o. di orologio; ore di lavoro o lavorative, quelle impiegate nel lavoro, soprattutto dagli operai (anche assol.: la giornata di otto o., di sette o.); pagare il lavoro a ore, in base alle ore che esso ha richiesto (e quindi: assumere un lavorante a ore; collaboratrice domestica a ore; pagare un tanto all’ora, ecc.). Con valore più generico: le o. scorrono lente; come volano le o.!; ho fatto lunghe o. d’attesa; l’abbiamo cercato per ore e ore; E per dell’ore poi resta lì fermo (Giusti); anche in espressioni enfatiche o iperboliche: contare le o. e i minuti (quando si è in attesa o in uno stato d’impazienza, di ansia, e il tempo non passa mai); parendole ancora ogni ora mille che con lui fosse (Boccaccio), essendole ogni ora, nell’attesa d’essere con lui, così lunga da sembrare mille; sono due o. che ti cerco!; non ho mai un’o. di pace, di tranquillità. Come unità di tempo per calcolare la velocità media (in questo caso, l’ora ha il valore esatto di 60 minuti primi): tenere la media di 35 km all’o.; correre, andare a 100 all’o.; una vettura che può fare i 220 all’o.; superare i 130 all’o., ecc. (nell’uso corrente, spesso all’ora è sottinteso: andare, correre a 120; tenere la media dei 70, ecc.); in atletica e nel ciclismo, corsa dell’o., corsa nella quale si cerca di effettuare il più lungo percorso entro il termine di un’ora, per la conquista del cosiddetto primato, o record, dell’ora. Locuzioni: ora per ora, ogni ora (soprattutto per esprimere la continuità o l’insistenza di un fatto): la pressione va controllata ora per ora; l’ho assistito ora per ora; di ora in ora, ogni ora più (per esprimere il progressivo avanzare di qualche cosa; cfr. le locuz. analoghe di momento in momento, di minuto in minuto, di giorno in giorno): il male si aggravava di ora in ora; sentiva d’ora in ora crescere in sé l’ansia. Nella Chiesa, o. santa, pratica di devozione consistente in un’ora di preghiere e meditazioni rievocanti l’agonia di Gesù; iniziata da s. Margherita Alacoque nel sec. 17°, è stata diffusa per opera della Confraternita dell’ora santa, fondata nel 1829 a Paray-le-Monial, in Francia. Per la devozione delle quarant’ore, v. quarantore. 3. In moltissimi casi, la parola indica un particolare istante del giorno, che può essere determinato dicendo non solo le ore ma anche i minuti trascorsi dall’istante di riferimento (cioè, in pratica, dalla mezzanotte) fino ad esso: dimmi l’o. esatta; che ora è o che ore sono?; che ora fai? (alludendo indirettamente all’orologio); a che ora parte il treno?; fissare l’o. d’inizio dello spettacolo, l’o. d’un appuntamento; incontrarsi all’o. stabilita. In altri casi, pur riferendosi a un particolare istante, acquista un valore meno determinato: Era già l’ora che volge il disio Ai navicanti e ’ntenerisce il core (Dante); ne l’ora che ’l sol dal carro adorno Scioglie i corsieri e in grembo al mar s’annida (T. Tasso), al tramonto; l’o. del pranzo, della cena, d’andare a letto; mi alzo sempre a o. fissa; è uscito all’o. solita; a quest’o. i negozî saranno già chiusi; se a una cert’o. non sono di ritorno, vuol dire che sono stato trattenuto a cena; presentarsi a un’o. opportuna, conveniente, da cristiani (o, al contr., a un’o. inopportuna, sconveniente); ti par questa l’o. di rientrare?; ogni attività deve avere le sue o.; fa tutto alle sue o., di persona ordinata, metodica, abitudinaria (al contr., non avere ore, di chi non segue mai un orario fisso); arriva sempre fuor d’ora, fuori orario, o in momento inopportuno. Locuzioni partic.: fare l’ora, passare in qualche modo il tempo che manca a qualche cosa: ci siamo messi a giocare a carte per far l’o. della cena; nel linguaggio militare, ora x o ora zero, espressione con cui viene indicato convenzionalmente, nelle istruzioni agli ufficiali, l’istante d’inizio di un’operazione bellica, che sarà poi rivelato al momento opportuno (per estens., il momento in cui ha inizio qualche azione o fatto importante). 4. a. Frequente con il sign. generico di «momento» (non della giornata, ma del tempo in senso ampio), soprattutto in determinate frasi e locuz.: è l’o. di finirla; sarebbe l’o. di smetterla; mi pare che sia l’o. di decidere (anche senza articolo: è o. di finirla; sarebbe o. di smetterla, ecc.); sarebbe o. che mettesse giudizio (potrebbe cioè, e dovrebbe, ormai metterlo); quando sarà l’o., ti avviserò, quando sarà giunto il momento adatto; è giunta, è suonata l’o. del riscatto; l’o. della morte ci è ignota; adesso e nell’o. della nostra morte, parole della seconda parte dell’Ave Maria. Sempre con riferimento alla morte: Noi fummo tutti già per forza morti, E peccatori infino a l’ultima ora (Dante); Come sì lieta, o figli, L’ora estrema vi parve ...? (Leopardi); è ormai venuta la sua o., di morire; quando sarà l’o., tutti dovremo andarcene. Con altro senso, la sua o., il momento per lui grave, importante, decisivo: la sua o. è venuta (di agire, di rendere conto, di scontare la pena, ecc.); analogam., la tua, la vostra o., ecc.: abbi pazienza, e verrà anche per te la tua ora. A quest’ora, a questo punto, ormai, e sim.: a quest’o. dovrebbe essere già in viaggio; se non arrivavo in tempo, a quest’o. saresti bell’e spacciato; dovresti aver capito, a quest’ora. A ore, di quando in quando, a volte sì a volte no: ho un dolore alla spalla che mi prende a ore. Non vedere l’o., aspettare con grande ansietà e impazienza un avvenimento (propr., vedere che l’ora attesa è ancor troppo lontana rispetto al proprio desiderio): non vedo l’o. di tornare a casa; non vedeva l’o. di riabbracciarlo, ecc. V. inoltre buonora (per la locuz. alla buon’ora) e malora, che si riconnettono a questo sign. di ora. b. Col sign. estens. di «spazio di tempo» più o meno lungo: in quest’o. solenne della nostra storia ...; spec. al plur.: furono o. assai tristi per noi; per quelle poche o. felici quanti giorni d’amarezza!; rammentare le o. liete della propria giovinezza. Accennando a momenti più brevi e dolorosi è comune la locuz. quarto d’ora, al sing. o al plur.: fu un quarto d’o. terribile; abbiamo passato dei brutti quarti d’ora. c. Con i sign. precedenti, in usi oggi antiquati: per breve o., per poco tempo; in breve o., in poco d’o., in piccola o., in breve intervallo di tempo: come, in sì poc’ora, Da sera a mane ha fatto il sol tragitto? (Dante); analogam.: piangendo ogni dì per una grande o. (Boccaccio), per lungo tempo; anzi ora, prima del tempo debito: chi se’ tu che vieni anzi ora? (Dante); ad ora ad ora, di quando in quando: Il capo ad ora ad ora egli solleva Dalla catasta dei vocabolari (Pascoli); a un’ora, contemporaneamente, nel tempo stesso: fu a un’ora da tanta maraviglia e da tanta allegrezza soprapreso, che appena sapeva che far si dovesse (Boccaccio). E col sign. di «volta»: qualunque ora lo guidatore è cieco, conviene che ... (Dante); cfr. talora e qualora, in cui ora ha questo stesso significato. 5. Nell’età romana e durante il medioevo, ciascuna delle parti, di durata variabile secondo le stagioni, in cui veniva diviso il giorno, inteso come periodo di luce dall’alba al tramonto (a partire dal levare del sole, ora prima, terza, sesta, nona, le ore corrispondenti all’incirca, nei periodi più vicini agli equinozî, alle sei, alle nove, alle dodici, alle quindici): dice Luca che era quasi ora sesta quando [Cristo] morio (Dante); questa visione m’era apparita ne la nona ora del die (Dante); l’antico sistema si riflette nella denominazione adottata dalla Chiesa per indicare le ore stabilite per la recitazione e il canto del breviario e degli uffici (per le o. canoniche, v. canonico1, anche per l’uso fig. di ora canonica) e le varie parti dell’ufficio stesso da recitarsi in quelle ore; fino alla riforma dell’ufficio introdotta dal concilio Vaticano II le parti erano otto, distinte in: o. maggiori (mattutino, lodi e vespro), così dette perché di sviluppo più ampio; o. minori (prima, terza, sesta, nona, compieta). Da questo sign. del termine ora derivano la locuz. dire, recitare, cantare le o., e la denominazione dei libri d’ore (v. libro, n. 1 b). 6. In astronomia, unità di misura di angoli, pari alla 24a parte di un angolo giro (360°) e cioè a 15° sessagesimali: difatti l’angolo che il cerchio orario di un astro forma con il piano meridiano di un osservatore, varia – per il moto diurno di rotazione della sfera celeste – di 360° in un giorno e quindi di 15° in un’ora. Ha anch’essa per simbolo la lettera h posta in alto a destra. 7. In marina e in aviazione, è termine usato per segnalare in modo semplice una posizione rispetto al cerchio dell’orizzonte, che s’immagina diviso in dodici ore come il quadrante di un orologio, considerando la prua rivolta alle 12: uomo in mare a ore 9!; aereo in avvicinamento da ore 2! 8. a. Nel linguaggio poet., le ore, nel loro sign. proprio, sono talvolta personificate: Le Ore che dianzi meste Ministre eran de’ farmachi ... (Foscolo). b. Nella mitologia greca e latina, sempre al plur. e con iniziale maiuscola, le Ore erano personificazioni divinizzate delle stagioni, rappresentate in pittura e scultura come giovani donne dispensatrici di doni benefici, o anche, talvolta, come genî alati maschili. ◆ Dim. orétta, usato con valore attenuativo (solo un’ora, o un’ora scarsa): potrà durare un’oretta, appena un’oretta, o, al contr., una buona oretta (analogam. mezz’oretta, qualche oretta, due o tre orette, ecc.); meno com., con sign. simile e con tono leggermente spreg., orùccia; pegg. oràccia, ora inopportuna, sbagliata, scomoda: è un’oraccia per mettersi in viaggio.