oro
òro s. m. [lat. aurum]. – 1. Elemento chimico, metallo nobile (simbolo Au, numero atomico 79, peso atomico 196,97), di colore giallo lucente, resistente agli agenti atmosferici e a quasi tutti i reattivi chimici, presente in natura allo stato nativo, generalmente in forma di scagliette, granuli, masserelle, che si trovano in rocce e sabbie (dette perciò aurifere) dalle quali si estrae con il metodo dell’amalgamazione o con quello della cianurazione; attualmente soltanto il 10-15% dell’oro proviene dalle sabbie, mentre la maggior parte si ottiene dai giacimenti rocciosi, e una parte notevole come sottoprodotto della lavorazione di altri metalli (piombo, zinco, rame, nichel, argento, platino) a partire dai relativi minerali. Considerato fin dall’antichità uno dei metalli più preziosi per la sua inalterabilità, rarità, elevata duttilità e malleabilità, è usato come mezzo di scambio e, in lega con argento, rame e altri metalli, soprattutto per fare monete e oggetti d’ornamento; sotto forma di cloroaurato di sodio e di potassio trova impiego in fotografia e in medicina, sotto forma di cianuro è usato nella doratura galvanica. Con riguardo allo stato o alla forma con cui si presenta, alla lavorazione che ha subìto: o. nativo, o. in grani, in pepite, in pagliuzze, in polvere; o. grezzo, o. lavorato, o. massiccio; o. in verghe, in lingotti, in gettoni (o verghe, lingotti, gettoni d’o.); o. battuto, o. filato; o. doublé o placcato, metallo che è stato rivestito di una sottile lamina d’oro (doratura a placca); o. in fogli (o in foglia), ridotto in lamine sottilissime (dello spessore di 0,00001-0,0001 mm), che vengono messe in commercio generalmente in pacchetti (o. in libretti) e usate per la doratura; o. liquido, sospensione finissima di oro in olî, ecc., impiegata in ceramica per la decorazione delle porcellane; o. precipitato, polvere finissima ottenuta riducendo la soluzione di un sale d’oro a metallo; o. in conchiglia, polvere d’oro (ottenuta macinando i ritagli dell’oro in fogli, o decomponendo l’amalgama d’oro, o con altri procedimenti) impastata con gomma e distesa in piattelli di porcellana o in conchiglie, che si usa in pittura o nella decorazione di vetri, di porcellane, ecc.; o. colloidale, prodotto ottenuto trattando soluzioni diluite di sali d’oro con riducenti (idrazina, formaldeide, ecc.). Con riferimento alla purezza o alla qualità della lega: il titolo dell’o. (espresso in carati o in millesimi); o. di (o a) 24 carati o o. purissimo; o. di 18, di 14, di 12 carati, contenente cioè 18/24, 14/24, 12/24 in peso di oro e la parte restante di argento, rame, zinco o altri metalli; analogam., o. a 750/1000, corrispondente a 18 carati; o. fino, o. zecchino o di zecchino, puro come quello degli zecchini di Venezia; o. di coppella, purissimo; o. basso o di bassa lega, di titolo inferiore a 18 carati; o. di Napoli, pop., inferiore a 12 carati. In oreficeria, con riferimento alle diverse sfumature di colore impartite all’oro dai metalli che gli si uniscono in lega per aumentarne la durezza e diminuirne il prezzo: o. verde acqua, o. foglia morta, leghe di oro e argento, rispettivam. con 1/4 e 3/10 di argento; o. roseo, o. inglese bianco, ecc., leghe di oro, argento e rame, di colore variabile dal giallo al rosso al bianco; o. bianco, nome di diverse leghe contenenti oro, palladio, argento, nichel, zinco, ecc.; o. grigio, o. azzurro, leghe di oro e ferro, rispettivam. col 15-20%, e con il 25% e più di ferro. O. falso o matto, lega (di rame con altri metalli) che dell’oro ha soltanto l’aspetto; è detto anche similoro, princisbecco, ecc., e dal popolo talvolta o. di Bologna (cui s’aggiungeva per celia la rima «che arrossisce per la vergogna»); o. matto è inoltre il nome con cui era conosciuto nel passato il minerale vermiculite. D’oro, in oro, locuz. con cui si precisa che un oggetto è fatto di questo metallo: gioielli, anello, braccialetto, orecchini, catenine d’o.; orologio d’o. (relativamente alla cassa, non al meccanismo); occhiali con montatura in o. (e più brevemente, nell’uso com., occhiali d’o.); medaglia d’o., come decorazione al valore militare o come riconoscimento in una gara sportiva (in questo caso, per metonimia, anche assol. l’oro: l’Italia ha conquistato l’oro nella gara di salto in alto); stendardo intessuto d’o.; pianeta ricamata in o. (in questo e nel precedente es., s’intende l’oro ridotto in filo); vitello d’o., quello adorato dagli Ebrei nell’Antico Testamento; bue d’o., fig., detto talora di persona ricca e ignorante. Per il toson d’o. e il vello d’o., v. tosone, vello. 2. Con riguardo all’oro monetato o comunque posto a base della circolazione monetaria: sterlina oro, lira oro, la cui parità è espressa in grammi di oro fino; assol., pagare in o., in monete d’oro. Più in partic., nel linguaggio econ.: o. carta, espressione recente con la quale si indicano i nuovi mezzi di riserva creati (1969) con l’istituzione dei diritti speciali di prelievo sul Fondo monetario internazionale (v. prelievo); o. merce, l’oro oggetto di transazione nel mercato dei metalli preziosi; o. moneta, l’oro per usi monetarî; o. paramonetario, v. paramonetario; o. sterilizzato, quello che, per quanto posseduto dalla banca centrale o dallo stato, non fa parte della riserva a garanzia della circolazione e viene accantonato al fine di impedire che quantitativi di metallo eccedenti il fabbisogno producano effetti inflazionistici sulla circolazione e sul credito; punto dell’o., lo stesso che punto metallico (v. metallico, n. 1). Per la clausola oro, v. clausola (n. 4). D’oro in oro, espressione anticamente in uso nei conti, nei contratti, ecc. (scudi d’o. in o., fiorini d’o. in o., e sim.) per significare che i pagamenti dovevano farsi con determinate monete d’oro, e non, per un valore equivalente, con altre monete. 3. Al plur., per metonimia, gli ori, gli oggetti, i gioielli, gli ornamenti d’oro: s’è messa indosso tutti gli o. che possiede; gli o. di una casa principesca; gli o. di una chiesa, di un museo ecc. Con altro senso, nel gioco delle carte, e particolarm. nella scopa e nello scopone, ori, le carte del seme di denari. 4. a. Come simbolo del denaro, della ricchezza: la sete dell’o.; la potenza dell’o.; non tutto si può comprare con l’o.; sprezzando i folli orgogli e l’o. (Parini); e con riferimento a chi possiede grandi ricchezze: nuota nell’o.; con il commercio, s’è fatto d’oro. b. In senso fig., è frequente la locuz. agg. d’oro, per qualificare tutto ciò che è prezioso in senso anche non materiale, o perfetto, ottimo, eccellente e sim.: è un uomo, un amico d’o.; ha una moglie, un marito d’o., di grande bontà o di rare doti; ha un carattere d’o.; aveva un cuore d’o., nobile e generoso; le tue sono parole d’o., che esprimono sacrosante verità o possono recare grande bene a chi le ascolta; mi hai dato un consiglio d’o.; è un affare d’o., vantaggiosissimo; una miniera d’o., una fonte di profitti considerevoli (con allusione a queste ultime espressioni, la locuz. d’oro è spesso usata nel linguaggio giornalistico con riferimento a beni e servizî oggetto di forniture a enti pubblici in cui il costo dell’intermediazione, per provvigioni più o meno legali, tangenti, ecc., finisce per aumentare considerevolmente il costo finale sopportato dalla collettività: lo scandalo delle carceri d’o., ecc.); penna d’o., forchetta d’o., bacchetta d’o., e sim., titoli attribuiti talvolta in gare nazionali (e per lo più concretamente rappresentati da un premio costituito appunto dal relativo oggetto d’oro); albo d’o. (v. albo2, n. 4); secolo d’o., il periodo più glorioso nella storia di una nazione, di un’istituzione, o della letteratura, dell’arte di un paese; nozze d’o., il 50° anniversario del matrimonio; sogni d’o., dolci, tranquilli (come augurio di buona notte). Per l’età dell’o. (qui dell’oro è un arcaismo per d’oro) o età aurea, v. aureo1, n. 2. Sempre con allusione al valore, al pregio: bolla d’o. (v. bolla2, n. 2); libro d’o. (v. libro, n. 3 e). Numero d’o. (o aureo), in chimica, con riferimento a un sol liofilo, l’entità atta a misurarne l’azione protettiva: indica la quantità in peso di sol secco che, aggiunta a una data quantità di soluzione standard di sol di oro è appena sufficiente a impedirne il viraggio di colore quando questa venga addizionata con una data quantità di soluzione standard di cloruro sodico. Con altro sign., il numero d’ordine che spetta ad ogni anno nel ciclo metonico (e che costituisce uno degli elementi con cui si calcola il giorno in cui cade la Pasqua), così chiamato perché nell’antichità veniva scritto ogni anno a lettere d’oro nel Partenone. Regola d’o., nel linguaggio scient., espressione con cui talvolta si indica una legge espressa in forma particolarmente sintetica o di impiego immediato nella soluzione di determinati problemi: per es., in meccanica, la formulazione più sintetica ( «ciò che si perde in forza si guadagna in cammino») della condizione d’equilibrio di una macchina semplice; con la stessa locuz., nell’esegesi neotestamentaria, fu indicata la massima evangelica (Matteo 7, 12; Luca 6, 31): «tutto quello che voi volete che facciano a voi gli (altri) uomini, fatelo anche voi a loro». Conca d’o., la regione pianeggiante che si estende intorno a Palermo, così detta per il rigoglio della sua vegetazione, e insieme anche per l’aspetto dorato conferito dalla produzione di agrumi, un tempo molto abbondante. c. Locuzioni e modi prov.: vendere, comprare, pagare a peso d’oro, per lo più iperb., a prezzo altissimo; vale tanto o. quanto pesa, di cosa assai utile e preziosa o di persona di grandi doti e capacità (meno com., è, vale cent’ori, di persona o cosa che, anche senza valere molto, è assai migliore di un’altra con cui si confronta); non è tutto o. quello che luce (o che luccica), spesso l’apparenza inganna; prendere qualche cosa per o. colato, ritenere buono ciò che probabilmente non è tale; non lo farei (o darei, ecc.) per tutto l’o. del mondo, a nessun prezzo, a nessun costo; incidere in lettere d’o., a caratteri d’o., consacrare la memoria di nomi illustri o di avvenimenti memorabili; al paragone si conosce l’o., il pregio, la bontà dell’uomo si conoscono alla prova, nel cimento; le ore del mattino hanno l’o. in bocca, sono le più preziose, le più redditizie (per il lavoro, per l’attività e sim.). 5. Il colore caratteristico dell’oro, giallo lucente: la sabbia d’o. della Costa Azzurra; moscon d’o., altro nome del coleottero Cetonia aurata; Ca’ d’oro, nome di un famoso palazzo gotico di Venezia (1422-1440), sul Canal Grande, così chiamato per le dorature della facciata, oggi scomparse. In partic., il colore biondo dorato dei capelli: chioma, trecce, riccioli d’o.; Erano i capei d’o. a l’aura sparsi (Petrarca); Crin d’o. crespo (Bembo). Anche nelle locuz. giallo oro, biondo oro. 6. Nome di alcune sostanze che hanno qualche relazione, anche soltanto analogica, con l’oro: a. O. francese, altro nome della lega metallica oreide, così chiamata per il colore aureo. b. O. musivo, bisolfuro di stagno, Sn S2 (perciò detto anche giallo di stagno e, correntemente, porporina), che si presenta in scaglie esagonali e polvere di colore giallo dorato; ebbe largo impiego fin verso il 15° sec. nelle miniature quale surrogato dell’oro e sulle pergamene per ottenere scritture di aspetto aureo; impastato con gomma e olî essiccativi è stato anche usato per bronzare e dorare oggetti di legno, gesso e metallo (oggi viene generalmente sostituito dalla polvere di bronzo). c. O. potabile, denominazione con la quale gli alchimisti indicavano una soluzione di cloruro d’oro usata in medicina; o. potabile di Helvetius, antico preparato farmaceutico costituito da una sospensione finissima di oro; o. potabile dei poveri, denominazione con la quale un tempo s’indicava una soluzione di zucchero in acquavite usata in farmacia. d. In mineralogia, o. di gatto, varietà di mica (il nome è un calco del ted. Katzengold); o. grafico, denominazione usata talvolta per indicare aggregati dendritici di cristalli di silvanite, che per la particolare disposizione degli individui cristallini simulano una scrittura. e. In chimica, o. fulminante o esplosivo, lo stesso che auridiamina. f. Per traslato, con partic. specificazioni, nome dato nell’uso a prodotti pregiati o di grande importanza economica: o. nero, il petrolio, oppure il carbone; o. bianco, il cotone; o. verde (non com.), il caffè, o il legname.