orrido
òrrido agg. e s. m. [dal lat. horrĭdus, der. di horrere «essere irto, ruvido; far inorridire; provare orrore»]. – 1. agg. Che mette nell’animo un senso di orrore, di ribrezzo, di spavento, perché brutto, selvaggio, squallido, pauroso e sim.; detto soprattutto di luoghi: un paesaggio o.; o. scogli; o. dirupi; un’o. selva; un o. precipizio; meno spesso d’altre cose, di animali, di persone (talora con senso più vicino a orribile, orrendo): una strega d’o. bruttezza; d’o. muggiti Commosse rimbombar le arcate volte (Parini); Ma non senza de’ Persi orrida pena Ed immortale angoscia (Leopardi). Nell’uso letter., irto, ispido: barba o. e incolta; La chioma rabuffata, o. e mesta (Ariosto); Macchia d’elci e di pruni orrida e folta (Caro); deposta l’orrida Maglia il guerrier sovrano Scendea del campo a tergere Il nobile sudor (Manzoni); sostantivato, con valore neutro, aspetto orrido: l’o. di una foresta, di un paesaggio. 2. Come vero e proprio s. m. (anche nel linguaggio dei geografi), luogo dirupato, per lo più là dove un torrente è costretto a superare con una forra rocce resistenti, tra le quali le acque precipitano con fragore (per es. l’orrido di Foresto in Val di Susa, quello di Pré Saint Didier in Val d’Aosta, la gola del Ponale presso Riva di Trento). ◆ Avv. orridaménte, in modo orrido, con aspetto tale da fare orrore: un mostro con le fauci orridamente spalancate.