osservanza
s. f. [dal lat. observantia, der. di observans -antis, part. pres. di observare «osservare»]. – 1. a. Obbedienza, adempimento, rispetto di leggi, norme, disposizioni, impegni assunti e sim.: l’o. dei comandamenti di Dio, dei precetti della Chiesa, dei regolamenti, dei trattati, delle regole di un’arte; richiamare all’o. dei proprî doveri, dell’orario; molto usate le espressioni d’osservanza e, più spesso, di stretta o., per indicare l’adesione totale e rigorosa a una fede religiosa, un credo politico, un’ideologia, un movimento culturale: cattolico, musulmano di stretta o.; crociano, marxista, strutturalista di stretta o.; nel linguaggio burocr., in osservanza a, in ossequio, in conformità: in o. alle disposizioni, alle leggi, al regolamento. b. Per estens., disus., la norma stessa, ciò che è stato stabilito o istituito (e quindi anche usanza, consuetudine e sim.), anche nella forma ant. observantia: essere fedele alle antiche o.; il rispetto delle buone o.; le buone observantie, gli onestissimi costumi, ... rendono le famiglie amplissime e felicissime (L. B. Alberti); le o. dell’ordine, cioè di un ordine religioso. c. La famiglia dei frati minori osservanti (per ellissi dalla denominazione frati minori della regolare osservanza). Inizialmente fu così detta la tendenza sorta, verso la metà del sec. 15°, in seno all’ordine francescano, per il ritorno a uno stretto rispetto (osservanza) della «Regola», soprattutto in merito alla povertà. d. In teologia morale, vana o., forma di superstizione per cui si compiono atti di culto (o anche «atti magici») per raggiungere scopi cui tali atti non sono adeguati. 2. Rispetto, ossequio, soprattutto come formula di cortesia (con o., con perfetta o.) nella chiusa di lettere ufficiali, di domande, petizioni e simili.