ossia
ossìa (ant. 'o sia') cong. [comp. di o e sia, pres. cong. del v. essere]. – Ha sign. e uso affine a cioè, e si adopera per introdurre un chiarimento, una determinazione: la toponomastica, ossia lo studio dei nomi di luogo. Al pari di cioè, può essere usato per introdurre una subitanea correzione: devo andar via ... ossia, resterò altri cinque minuti; e anche, in frasi interrogative, per domandare un chiarimento: hai un’idiosincrasia? ossia, in parole povere, che cosa? Come in cioè, così pure in ossia era un tempo più sentito il valore dei due componenti, sicché si poteva scrivere in due parole, o sia, e usare la seconda al plurale, siano, davanti a un plurale. A differenza di cioè, non si può correttamente interporre tra le parole della spiegazione che introduce, ma deve sempre stare al principio: l’arconte eponimo, ossia quello che dava il nome all’anno. In passato, serviva spesso a introdurre titoli di opere narrative, teatrali o d’altro genere; per es.: Così fan tutte o sia La scuola degli amanti, libretto di L. Da Ponte musicato da Mozart (1790); Vera storia di due amanti infelici ossia Ultime lettere di Jacopo Ortis, titolo originale (ediz. 1799) del romanzo epistolare di U. Foscolo.